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Il vostro sogno nel cassetto è scrivere l’editoriale del Corriere della Sera? O vorreste pubblicare inchieste da far invidia alle migliori penne de L’Espresso?  

O, forse, tutt’altro: siete più portati ad un giornalismo provocatorio e tagliente? Alla Marco Travaglio, per capirci.

Enrico Mentana è il vostro beniamino, e non potete rinunciare a tenere la televisione accesa su LA7, mentre fate cena.

Oppure, siete un po’ più vecchio stampo? Vi piace il giornalismo di una volta, il giornalismo fatto come si deve? Nella vostra camera, avete uno scaffale con una ventina di libri di Biagi e di Montanelli, che custodite come fossero un tesoro.

Insomma, vorreste diventare giornalisti?

Se questa è la vostra ambizione, non leggete Numero Zero: non lo comprate nemmeno, e continuate a coltivare il vostro sogno, perchè Numero Zero non fa decisamente per voi.

Dopo aver esordito con un romanzo storico (o forse un giallo?) di successo come Il Nome della Rosa, lo scrittore Umberto Eco ha pubblicato romanzi per tutti i gusti. E mentre, anno dopo anno, continuava a sfornare libri su libri, il professore Umberto Eco teneva lezione nelle aule dell’Università di Bologna, riceveva in studio i propri allievi e seguiva le loro tesi, una per una.

Nonostante quest’ultimo libro sia ambientato nella Milano degli anni Novanta, in realtà Numero Zero deve molto alla città delle Due Torri: è come se anche il romanzo abbia respirato a lungo l’aria dei portici bolognesi e dell’università. Non si tratta di una semplice frase retorica: nelle prime pagine è evidente il richiamo all’ambiente accademico di Bologna.

 

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Umberto Eco presenta il suo ultimo libro a Che tempo che fa 

 

Numero Zero non è un romanzo. E’ un manuale di giornalismo, o meglio, un manuale su come il giornalismo non dovrebbe mai essere. Una parodia del peggior giornalismo in salsa italiana.

Un ricco imprenditore milanese vuole entrare nei salotti della politica e dell’alta finanza. Per farlo, ha bisogno di mettersi in mostra fondando un nuovo giornale, Domani.

Domani però non è un quotidiano come tutti gli altri: è un giornale al contrario, che non deve raccontare la verità ma deve riportare un’altra ricostruzione dei fatti, o addirittura li deve nascondere. Domani non deve avere lettori consapevoli, ma deve condizionare l’opinione pubblica.

Non deve essere una voce libera, ma deve evitare di pestare i piedi ai potenti e, in certi casi, deve essere strumento di ricatto.

Domani forse non uscirà nemmeno nelle edicole: è il tentativo di costruire un giornale gettando il bambino e tenendosi l’acqua sporca.

Riesce a strappare un sorriso (amaro) persino il discorso del capo di redazione dopo la morte di un famoso magistrato antimafia: non si può scrivere un articolo su questo fatto. E’ troppo scomodo, troppo scottante: sarebbe sicuramente sgradito alla criminalità organizzata. E poi, anche la polizia non gradirebbe: se il giudice è morto, significa che la polizia qualcosa deve aver sbagliato.

La storia di Domani si intreccia con la storia della Prima Repubblica: quando deve essere lanciato un nuovo giornale, si preparano sempre dei numeri di prova, i cosiddetti numeri zero.

Anche Domani ha un proprio numero zero: i giornalisti della redazione cominciano a scrivere articoli su fatti accaduti poche settimane prima, quando con l’arresto di Mario Chiesa è esploso lo scandalo che prende il nome di Tangentopoli, destinato a seppellire i partiti di governo.

 

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Sean Connery interpreta Guglielmo da Baskerville in una scena del film

Il Nome della Rosa, tratto dal primo romanzo di Umberto Eco

 

I brani su Tangentopoli non sono gli unici riferimenti alla storia del nostro paese: si corre indietro lungo la linea del tempo, fino ad arrivare al periodo della lotta partigiana e all’episodio della morte di Mussolini, uno dei più controversi degli ultimi decenni, di cui sono state date molteplici versioni, con protagonisti e tempistiche diverse.

Anche in questo caso, Umberto Eco cede al gusto della parodia, e si prende gioco delle numerose teorie complottistiche che pretendono di spiegare le grandi vicende della nostra storia, attraverso ricostruzioni farlocche e dietrologie.

Numero Zero, insomma, è un romanzo cinico. Uomini pronti a tutto pur di conquistare la propria notorietà, il servilismo della stampa nei confronti del potere, giornali usati come arma di lotta politica. In mezzo a questo marasma, soltanto due cose ci restituiscono un briciolo di speranza: l’amore del protagonista per una giovane donna, e la grinta di una brillante ragazza con un animo ancora idealista. Numero Zero è un romanzo che non vorremmo leggere, perchè ci descrive una realtà che vorremmo diversa, ma che purtroppo in parte esiste, ed è sempre esistita.

Una volta lette le prime pagine, è una storia che ci cattura, e si legge tutto d’un fiato.

Arrivati alla fine, ci fermiamo a pensare: “Cazzo, il giornalismo non dovrebbe essere così!” In fondo, però, con tutta sincerità possiamo dire che questo libro ci è davvero piaciuto.

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Enrico Verdolini

Enrico Verdolini

Sono nato marchigiano e sono bolognese d'adozione. Mi sono iscritto a Giurisprudenza, ma ero tentato da Lettere Moderne. Mi piace leggere, ma anche guardare film e serie televisive: sono giurista, ma nerd nel tempo libero.

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