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Con tutto quello che era successo, non potevamo votare per la monarchia”. Dora Ciabocco vive a Roma da ormai diverso tempo, ma è originaria delle Marche. E’una signora anziana, che per anni ha lavorato come pantalonaia. Rai Tre l’ha intervistata per la trasmissione “Le ragazze del 1946”, che ripercorre la storia del referendum del 2 giugno attraverso l’esperienza delle donne che votarono per la prima volta. Sono trascorsi 70 anni dalla data in cui il popolo italiano fece quella scelta. Facciamo un attimo un passo indietro, e cerchiamo di capire quali furono le ragioni della decisione di Dora.
La festa di San Giovanni era, per tradizione, una ricorrenza molto radicata nelle campagne di Camerino: si festeggiava nelle frazioni e nei casolari, e ci si lavava in una bacinella d’acqua, piena di petali di ginestra, che si riteneva avesse poteri benefici. Nella valle di Letegge, il 24 giugno 1944 tutta la gente si era radunata in chiesa per la ricorrenza: il fratello di Dora era parroco di quella zona, ed era lì con la famiglia. Gli artiglieri nazisti, però, avevano già accerchiato Letegge secondo un piano ben preciso, e cominciarono a cannoneggiare la chiesa gremita per la messa: il campanile crollò, e mentre i mitra continuavano a sparare fu portato avanti un feroce rastrellamento destinato a durare diverse ore. Dora si mise in salvo scappando verso la campagna, e così fecero anche altre persone, ma sua madre morì sotto il fuoco nazista. Il padre di Dora, invece, fu preso dai soldati tedeschi, e fu fucilato di lì a poco. Nel corso del rastrellamento, non mancarono gesti eroici, come quello del carabiniere Bergamin, che cercò di porre fine alle atrocità, e venne ucciso fra le case della frazione. La razzia si concluse in una carneficina senza precedenti, nel paese di Capolapiaggia, dove i tedeschi freddarono brutalmente tutti i loro prigionieri.
Quell’episodio fu così sconvolgente per la vallata che da allora si cominciarono a scandire gli anni in maniera diversa. “Quel fatto è avvenuto prima delle disgrazie, quel fatto è avvenuto dopo le disgrazie”. Un po’ come facciamo con la nascita di Cristo, che per noi è punto di riferimento.
La ferocia che colpì le mie montagne fu così forte da cambiare persino il ritmo del tempo.
Dora ha rievocato queste immagini spiegando come la vicenda di una città marchigiana sia in realtà un tassello della storia italiana: gli eccidi che colpirono il nostro paese furono molti altri, e le responsabilità sono da imputare in primis all’occupazione tedesca. Le mie montagne non sono tanto diverse da quelle dell’Appennino bolognese: a Monte Sole di Marzabotto, le truppe tedesche si mossero casa per casa, villaggio per villaggio, casolare per casolare, e uccisero chiunque si trovasse lungo la loro strada. Il bilancio finale delle morti raggiunse quasi le mille unità. Fu una giovane studiosa di storia a raccontarmi per la prima volta di Monte Sole: mi disse che aveva fatto delle ricerche sugli eccidi, aveva cercato di parlare con gli ultimi testimoni, ma aveva incontrato parecchie difficoltà. La gente di Monte Sole fa ancora fatica a parlarne, di questa storia.
Anche l’ultima pagina del fascismo si macchiò di una grave colpa. Non si può tralasciare, infatti, che per anni il fascismo era stato alleato della Germania, e la Repubblica di Salò, che del fascismo è stata una continuazione, nel 1944 era ancora al fianco del nazismo.
Erano evidenti anche quali fossero le responsabilità della famiglia regnante: Vittorio Emanuele III non aveva speso neanche una parola per fermare la marcia su Roma, per condannare l’omicidio Matteotti, o per opporsi all’alleanza con Hitler. Lo aveva ben chiaro la popolazione locale: Dora racconta che il principe Umberto II di Savoia visitò Camerino a pochi mesi dall’eccidio, avendo saputo quello che era successo sulle mie montagne. Venne accolto dalle istituzioni nella sala grande del Comune, ma la gente lo contestò e lo fischiò, perchè il dolore di quei fatti era ancora vivo. Per questi motivi, per quello che il Re non fece e non riuscì ad impedire, il 2 giugno del 1946 non si poteva votare per la monarchia. Per queste stesse ragioni, la nostra Costituzione fissa a chiare lettere che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli: la Repubblica e la Costituzione nascono anche dalle lacrime versate il giorno della festa di San Giovanni, e dal dolore sofferto in tante altre città d’Italia.

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Enrico Verdolini

Enrico Verdolini

Sono nato marchigiano e sono bolognese d'adozione. Mi sono iscritto a Giurisprudenza, ma ero tentato da Lettere Moderne. Mi piace leggere, ma anche guardare film e serie televisive: sono giurista, ma nerd nel tempo libero.

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