Sono giorni di contesa politica e di campagna elettorale in vista della data per eccellenza: il 4 dicembre. Quest’ultima è stata caricata così tanto da essere ormai diventata il vero e proprio giorno del giudizio politico: il giorno del referendum sulla riforma costituzionale. Malgrado le incertezze siano predominanti, possiamo permetterci una sola ma ben precisa sicurezza: la mattina del 5 dicembre il panorama politico italiano sarà diverso da come lo conosciamo oggi. Pesi e contrappesi, personalità predominanti e satelliti: tutto questo verrà automaticamente messo in discussione dal risultato di una così importante decisione politica. Una decisione che sarà presa dai cittadini stessi che si recheranno alle urne per un SI o per un NO. O per una scheda bianca. O una più o meno fantasiosa scheda nulla…

E così, con in testa queste parole, che si sono aggiunte alle centiania di migliaia già lette su giornali e su internet, oltre a quelle sentite e risentite in televisione o su YouTube e canali vari, il 30 settembre mi preparavo per il dibattito tra Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky. Aspettavo questo dibattito da giorni: lo scontro tra titani. Da una parte il furbetto di Firenze, difficile da arginare quando straripa. Dall’altra il gigante professorone, pacato quanto tagliente. E quindi ero pronto, in pieno stile fantozziano con familiare di peroni gelata, frittatona di cipolle e rutto libero. Mi ero organizzato per bene con i miei amici e, alla fine, eravamo un gruppetto piuttosto numeroso ed eterogeneo. Accanto a solito e immancabile oddiomasietedavverotroppi gruppo di “giuristi”, c’erano una studentessa di Lettere, un dottore in Scienze infermieristiche e un laureato in Ingegneria: tutte persone con un ottimo livello culturale, nessuna di queste completamente “chiusa” o insensibile a ciò che succede nel mondo e in Italia. Il risultato? Più volte queste valide persone chiedevano chiarimenti, spiegazioni, semplificazioni di ciò che sentivano in televisione. Domande alle quali, dall’alto della magnifica cultura giuridica, era difficile trovare una risposta piacevole o minimamente comprensibile (senza uno sbadiglio di mezzo). Questo perché il dibattito è stato inutile. Non ha avuto alcun valore “pedagocico” ma, al contrario, ha contribuito a confondere chi aveva una mezza idea. Un dibattito che ha ringalluzzito solo le rispettive tifoserie, felici di aver visto i loro beniamini e ben pronti ad elogiarli acriticamente.

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Il confronto tra Renzi e Zagrebelsky moderato da Mentana

E allora, ho subito pensato: caspita! Siamo messi davvero male! Se un gruppo di persone ben istruite e interessate ai temi politici più importanti ha avuto grande difficoltà a capire la materia del referendum costituzionale…cosa dire dei tanti milioni di concittadini disinteressati e con una differente istruzione?

Già: gli altri milioni di italiani. Ma avranno davvero vissuto il dibattito con la stessa attesa, lo stesso entusiasmo e lo stesso interesse che gli abbiamo riversato io e i miei amici? Niente di tutto questo. Il confronto diretto da Mentana è stato un successone televisivo: hanno parlato di “boom” di ascolti. Ma di che boom parliamo? 1.747.000 di telespettatori, pari a circa l’8 % di share., Certo: sicuramente un gran dato se raffrontato a quelli dei “normali” talk show politici che generalmente viaggiano intorno al 3%. La stessa sera, “Tale e quale Show”, condotto da Carlo Conti, ha totalizzato 4.626.000 telespettatori, pari al 21,8% di share. Che vergogna? Che schifo? Italiani popolo di ignoranti? Generalmente questo tipo di discorsi porta alla trafficata via del vittimismo e dell’autocommiserazione, per poi svoltare sulle pericolose autostrade che mettono in discussione la democrazia diretta o la democrazia stessa. Discorsi a volte molto stimolanti, per carità…ma con un difetto non da poco: essere ottimi nel demolire, parecchio carenti nel costruire qualcosa di alternativo.

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Sì, è vero: la modifica o meno della nostra legge fondamentale dipenderà dal gesto di milioni di persone realisticamente poco esperte di diritto costituzionale o del tutto ignoranti di diritto in generale. Milioni di persone decideranno sulla base dell’instinto, “della pancia” (“tagliamo le poltrone”… “mandiamolo a casa”), della simpatia o antipatia nei confronti di quel politico ecc. Altri milioni non avranno la minima intenzione di recarsi al seggio, lavandosene le mani e ritenendo poco importante il quesito sottopostogli. Sì, è vero: Cassese e Zagrebelsky, nell’urna, sono equiparati a qualsiasi altro cittadino digiuno di diritto. Sì, è vero: quei 1747.000 di telespettatori che hanno visto il dibattito sono probabilmente cittadini già interessati alla politica, prevedibilmente già con una propria idea sul referendum, realisticamente lettori di giornali di informazione e comunque cittadini “attivi” politicamente (non solo militanti di partiti politici ma anche semplici curiosi della politica). Così come quegli studenti che si affannano a seguire questo o quel dibattito tra professori in affollate aule universitarie fanno parte di una fetta di popolazione, dalla medio/alta istruzione, non indifferente alla politica. Sì, è vero: parliamo di membri di tante piccole elité che, confrontandosi solo fra di loro, leggendo sempre e solo i loro giornali e guardando sempre gli stessi programmi, si illudono che l’intero paese sia interessato al referendum. E che tutta l’Italia non veda l’ora che arrivi il 4 dicembre. Tutto vero: la democrazia diretta, come la conosciamo oggi, ovvero sotto lo strumento del referendum, è sempre un azzardo; un’utopia che pretende di rinvenire, anche nel più umile e “apolitico” degli uomini un coerente e razionale decisore politico. E di vedere nel popolo sovrano l’unica fonte di potere indiscutibile, alla quale spetta sempre e comunque l’ultima parola. L’ultima parola su una riforma che, quale che sia il punto di vista, è vasta e complessa e tocca parecchi punti difficilmente riassumibili sotto un Sì o un No. Insomma: qualcosa di realmente difficile da spiegare e da “pubblicizzare”.

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Tutte le legittime critiche al meccanismo del referendum costituzionale non devono però avere la meglio su un assunto che ad oggi è ancora difficile da attaccare: la democrazia, con le sue bruttezze, le sue storture e le sue inefficienze, è e rimane il miglior sistema politico. Almeno il miglior sistema che conosciamo. Allo stato attuale, nessuna formula politica è in grado di garantire un equilibrio accettabile tra diritti dei singoli e stabilità di governo. Criticare e disprezzare il popolo ignorante, gli elettori populisti ed arrabbiati, per quanto possa avere ogni tanto un pizzico di crudele verità, rischia di mettere in discussione la democrazia stessa. Se Tale e quale Show risulta più appetibile di un confronto sul Referendum è un problema del popolo ignorante? O forse è un modo divedere le cose un po’ superficiale e, soprattutto, inutile? Forse sarebbe meglio riflettere sulla crisi della rappresentanza politica, su ciò che nel comune sentire viene percepito come prioritario e rilevante. E perché no: interrogarsi sullo strumento del referendum e su una sua eventuale riforma.

Ma, per favore: vogliamo bene alla democrazia. E alle sue bruttezze.

Alessandro Milito

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Alessandro Milito
Questa persona, nata 24 anni fa a Crotone (in Calabria, in fondo a destra), generalmente è logorroica e difficilmente evita di parlare e gesticolare. Il suo principale problema è parlare di se stesso: ne è totalmente incapace. Potremmo dire che ha conseguito la Maturità classica e questo lo ha portato all'originale scelta di studiare Giurisprudenza a Bologna e laurearsi. Scrive sin da quando perse un giochino a sei anni (trovato negli ovetti di cioccolata): la ricerca di quell'oggetto fu il suo primo capolavoro letterario. Da allora condivide le sue paranoie e insofferenze così. Gli piace credersi di sinistra, se questo sia vero o no è un quesito che lascia ad altri.
Alessandro Milito

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