Masterchef 12

Fuori c’è una pioggia fitta ed io sono davanti alla porta d’ingresso, mi sposto un attimo per fare un giro nella sala verde della Montagnola poi mi riavvicino alla porta, a quel punto vedo spuntare Stefano sotto un ombrello giallo. Entra, mi guarda e prima ancora che potessi salutarlo mi porge la mano e si presenta: “piacere, Stefano!”.
Già da questo gesto capisco la persona che ho davanti, parola d’ordine: umiltà.
Scatta qualche foto e scrive delle dediche sul suo libro di cucina appena uscito “Alla ricerca del gusto” poi si parte con l’intervista.

Stefano, com’è cambiata la tua vita con la vittoria di Masterchef?
«Allora, inizio col dire che se quest’anno l’avessi diviso in 6 parti mi sarebbero usciti fuori 6 anni belli intensi (ride). Spesso dopo la vittoria mi è capitato di sentirmi dire che sono una fonte d’ispirazione. Ti dico che Martin Luther King è una fonte di ispirazione, io al massimo posso ispirare nell’ambito culinario».

Qual è il giudice più buono e quale il più cattivo all’interno della competizione?
«Sono 3 persone dai caratteri molto diversi. Chef Cracco e chef Barbieri sono un po’ spigolosi negli atteggiamenti ma ogni giorno ti offrono spunti per migliorare e per crescere. Lo chef Berbieri tra i fornelli ricorda il ballerino Rudolf Nureyev, sembra danzare in cucina. Ha una precisione incredibile.Masterchef 9
Chef Carlo Cracco da buon veneto di montagna parla poco e quando lo fa le sue parole tagliano però ogni suo consiglio è estremamente prezioso. A telecamere spente mi disse: “sii curioso e sii critico con te stesso per poter migliorare sempre”.
Joe Bastianich è un grande imprenditore mischiato ad un ragazzo di 18 anni che si vuole divertire. Una persona speciale alla quale sono molto legato. Se mi sentisse dire queste cose mi ucciderebbe (ride)».

Un piatto al quale sei particolarmente legato?
«La minestra con i piselli, il risi e bisi in Veneto, che nella mia zona (il polesano ndr.) ha salvato tante persone nei periodi di difficoltà. Questo è un piatto che la domenica a casa mia non manca quasi mai. Poi devo ammettere che sono un consumatore seriale di tortellini e voglio precisare che vengo sempre a prenderli a Bologna (sorride)».

Un consiglio per gli appassionati di cucina.
«Toccate il cibo, annusatelo, passatevelo tra le mani. Il cibo ci parla, si racconta. Ogni taglio di carne, ad esempio, è diverso dall’altro e ha una sua storia. I guanti lasciamoli ai chirurghi perchè in cucina il cibo va trattato a mani nude».

Chi ti ha trasmesso la passione per la cucina e come l’hai coltivata?
«La mia mamma oltre ad essere appassionata di cucina è un’ottima cuoca e mi ha trasmesso l’amore che mette in cucina, io poi vivo fuori di casa da quando avevo 18 anni quindi imparare a cucinare oltre ad essere una passione è stata una necessità».

Cos’è per te la cucina?
«Non voglio fare il filosofo (ride) ma per me la cucina è una metafora della vita, il raggiungimento della felicità per tentativi. Quando cucini cerchi la perfezione del piatto tentando diverse combinazioni così come nella vita si cercano diverse combinazioni per arrivare ad essere felici.
Ve la spiego con 4 aggettivi: amore, passione, disciplina e rispetto».

Qualche domanda sulla tua avventura a Masterchef. Raccontaci della svolta ai fornelli avvenuta quando a sorpresa è arrivata tua madre nel programma.
«Va detto innanzitutto che quando partecipi a Masterchef non vedi i tuoi cari per tutta la durata del programma (2 mesi e mezzo/3 ndr.) e in tutto ciò abbiamo avuto solo una mezza giornata libera. La puntata che voi vedevate il giovedì era la contrazione di una settimana di riprese. Sono arrivato nella cucina con tanti difetti, dubbi e insicurezze ma quando in quella Mistery Box gigante ho visto mia mamma mi si sono illuminati gli occhi. Da quel punto è come se mi fossi tolto dei pesi».

Con chi hai legato di più tra i tuoi compagni di avventura e chi hai visto maggiormente come uno sfidante?
«La persona che più mi è rimasta nel cuore è sicuramente Simone (Finetti ndr.). Per me è come un fratello. Invece ho visto maggiormente come uno sfidante Nicolò che mi ha impressionato molto per una passione ed una tenacia che a vent’anni davvero in pochi hanno».

Concludendo. C’è una frase che dice: “si cucina sempre pensando a qualcuno, altrimenti stai solo preparando da mangiare”. Ho rivisto molto il tuo percorso a Masterchef in queste parole. Mi confermi che per preparare un buon piatto si deve sempre pensare a qualcuno?
«Ti ringrazio per la bellissima domanda (sorride). Sono assolutamente d’accordo, il mio percorso nella cucina di Masterchef si è intrecciato molto con queste parole. Ho sempre cercato di mettere nei miei piatti me stesso e soprattutto le persone a cui tengo. La mia spinta in più anche nella finale, che non mi aspettavo assolutamente di vincere, credo sia stata proprio questa. Secondo me per creare un buon piatto è importantissimo pensare a qualcuno».