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Che cosa vuol dire momentum? Una parola latina, dal sapore arcaico, spesso usata nella politica americana. Che significato ha questo termine?
Gli adolescenti, si sa, hanno sogni, e spesso sono sogni strani: all’epoca del secondo anno di liceo, ormai circa otto anni fa, il mio sogno era quello di poter votare alle primarie americane. Leggevo quasi ogni giorno Repubblica, e settimana dopo settimana le seguivo con curiosità: era il momentum di un giovane senatore dell’Illinois che affrontava la macchina da guerra di Hillary Clinton, ex first lady di fama internazionale. In politica, si sa, fino a quando non viene contata l’ultima scheda nessuno ha la certezza di essere il vincitore. E fu così che gli elettori incoronarono il nuovo leader del Partito Democratico, che di lì a poco sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. Insomma, era il momentum di Barack Obama.
Ma che cos’è il momentum? Si tratta di quella particolare atmosfera che ci fa capire che qualcuno è destinato ad un compito, a farsi carico di una missione, e la gente per questo motivo è disposta a seguirlo e a dargli fiducia. E’ un’aura di fascino e di carisma che avvolge una figura politica ed accompagna la sua ascesa. E’ un qualcosa di artificiale, creato dalle circostanze, dalla lente dei media e dal sostegno (anche economico) crescente.
A distanza di anni, sorge spontanea una domanda: da che parte soffia il vento del momentum nel 2016? Tutto è cominciato in Iowa, il primo Stato ad essere chiamato ad esprimere la propria preferenza: con appena 3 milioni di abitanti, l’Iowa rappresenta meno dell’1% della popolazione americana. L’ironia della sorte vuole che questo territorio prenda il nome da una tribù indiana che lo abitava, e che fu costretta ad allontanarsi con l’arrivo dei coloni. E’ qui che ha inizio il grande gioco. E’ qui che può scoccare la scintilla: è qui che può cominciare il momentum di un candidato.
L’importanza dell’Iowa come Stato si riduce esclusivamente al fatto che si tratta del primo Stato in assoluto a votare. O meglio, ad organizzare i caucus. Per alcuni giorni, i riflettori del mondo intero si concentrano sul remoto Iowa e sui suoi caucus.
Mentre il Partito Repubblicano dà sfogo al proprio elettorato ricorrendo al classico strumento del voto, il Partito Democratico organizza delle particolari forme di assemblea in cui ogni partecipante esprime il proprio punto di vista su di un candidato. Al termine della riunione, i vari partecipanti si dividono in gruppi all’interno della sala, a seconda del personaggio che vogliono sostenere. I membri di ogni gruppo possono cercare di convincere gli altri a cambiare schieramento, e lo possono fare nei modi più disparati. Se un gruppo di persone non supera determinate soglie numeriche, i suoi appartenenti devono dividersi fra gli altri gruppi. I caucus vengono organizzati nei luoghi più disparati: scuole, palestre, chiese, club di cucina. E’ proprio questo sistema di voto ad aver determinato un risultato del tutto inaspettato in ambito democratico, una sorta di pareggio fra i due candidati.

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Da una parte abbiamo ancora una volta Hillary Clinton, personaggio di spicco della politica americana, forte di un curriculum di che nessun altro candidato può vantare Dall’altra, Bernie Sanders, parlamentare che ama definirsi socialdemocratico, parola che negli USA equivale quasi ad una bestemmia.
Le consultazioni del Partito Repubblicano, invece, sono state il teatro non tanto del successo di qualcuno quanto di due sconfitte: quella di Jeb Bush, in primis, il terzo della sua famiglia ad ambire alla Casa Bianca; quella di Donald Trump, miliardario schietto e populista dato da tutti come super favorito (come dire:”Gli USA sono il paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti“). I conservatori hanno consegnato la palma della vittoria a Ted Cruz, candidato forte dell’appoggio delle frange più integraliste del movimento religioso, e a Marco Rubio, che pur essendo arrivato terzo ha comunque fatto parlar di sè. In Iowa, insomma, sembrava che fosse il momentum di Sanders, così come di Cruz e Rubio in campo avverso. Le primarie del New Hampshire hanno in parte confermato, in parte smentito questi fatti: da un lato, sicuramente non è ancora scemato il fenomeno Bernie Sanders, mentre in campo repubblicano la seconda tappa ha portato al trionfo di Donald Trump.
In prospettiva, si potrebbe avere una rimonta dell’unica donna realmente in lizza in questo grande gioco, così come un’affermazione più netta di Trump: in queste primarie, in realtà, il momentum non ha ancora toccato nessuno dei vari candidati. Non ci resta che aspettare le prossime consultazioni, ed in particolare il Super Tuesday, il primo giorno di marzo, in cui sarà chiamata al voto una buona parte degli Stati americani.
Per i Democratici e per i Repubblicani, il bacio del momentum deve ancora arrivare.

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Enrico Verdolini

Enrico Verdolini

Sono nato marchigiano e sono bolognese d'adozione. Mi sono iscritto a Giurisprudenza, ma ero tentato da Lettere Moderne. Mi piace leggere, ma anche guardare film e serie televisive: sono giurista, ma nerd nel tempo libero.

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