Col passare del tempo mi rendo sempre più conto di quanto gli studenti di Bologna siano affezionati a palazzo Malvezzi: a metà fra piazza Verdi e le Due Torri, antico ed elegante, è la sede della Scuola di Giurisprudenza nella nostra città. Fa un certo effetto vedere Palazzo Malvezzi sul grande schermo: è una delle scene di Dustur, parola che in arabo vuol dire Costituzione. Starete sicuramente pensando che questo sia proprio il luogo adatto per ambientare un film sulla Costituzione: Palazzo Malvezzi, il cuore della più antica Scuola di Giurisprudenza del mondo occidentale, frequentato ogni giorno da centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze alle prime armi coi rudimenti del diritto. Ebbene, vi sbagliate di grosso: per quanto potrebbe essere la cornice ideale, soltanto una scena di Dustur è stata girata al suo interno.
Buona parte della storia è ambientata fra le mura del carcere Dozza, dove Frate Ignazio organizza un corso di insengamento della Costituzione italiana per i detenuti: ancora una volta, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, buona parte delle persone che frequenta il corso è di origine nordafricana. Non sappiamo quale sia la loro storia e per quali imputazioni siano finiti in carcere: sappiamo soltanto che questi detenuti sono di fede islamica. Frate Ignazio non è un frate qualsiasi, e lo scopriamo gradualmente nel corso della storia; egli proviene dalla Piccola famiglia dell’Annunziata, un gruppo religioso fondato da un uomo politico di spicco della Prima Repubblica, Giuseppe Dossetti, padre costituente, parlamentare e poi sacerdote.
Nel corso del film sentiamo parlare di principi importanti della nostra Carta Fondamentale, come l’art.21 e la libertà di espressione, il diritto al lavoro, la libertà religiosa. Il dialogo non è sempre facile, per via delle forti differenze sociali e di mentalità che pure sono presenti: per molti musulmani è facile pensare ad una libertà religiosa intesa come libertà di praticare il proprio credo, ma non tutti riescono a concepirla come possibilità di scegliere in maniera autonoma la propria fede. Eppure, il confronto c’è ed è molto sereno e vivace: da una parte, abbiamo la Costituzione italiana, e dall’altra quelle egiziane, marocchine e tunisine; da una parte la lingua di Dante e di Leopardi, e dall’altra la lingua araba. Da un lato, viene proposta una visione del diritto come strumento laico ed oggettivo, mentre dall’altro la religione e la legge ancora tendono a coincidere.
Un momento delle lezioni sulla Costituzione al carcere Dozza
Oltre a padre Ignazio, altro protagonista del film è sicuramente Samad: iscritto alla Scuola di Giurisprudenza, lo vediamo alle prese con gli esami di diritto. Ancora una volta entra in scena uno dei contrasti propri di tutto il film: nonostante gli studi di Samad riguardino il sistema delle leggi, egli ha un passato da narcotrafficante, ed è stato recluso al carcere Dozza ad appena 19 anni. Samad ormai ha quasi finito di scontare la propria pena: da frate Ignazio, Samad riceve importanti lezioni su ciò che è la Carta Fondamentale. La visita a Monte Sole di Marzabotto e ai luoghi degli eccidi è il contesto in cui Ignazio racconta a Samad la storia della nostra Costituzione, che nasce come principale risposta a venti anni di regime. Dalla sofferenza nasce qualcosa di forte: dalla guerra, nasce un’ambizione di pace; dall’oppressione nascono parole di libertà. E se Ignazio insegna anche a noi le particolari sfaccettature dei diritti fondamentali, è proprio da Samad che riceviamo la lezione più grande: soltanto chi è vissuto per anni in carcere può assaporare appieno il significato della libertà. E’ un qualcosa di grande ed allo stesso tempo spontaneo e naturale: è libertà quella di poter vivere in una propria casa, decidere quando uscire, quando entrare e quando chiudere la porta a chiave; è libertà quella di studiare e di lavorare per essere autonomi nel pensiero e nella vita; è libertà quella di chi non è annebbiato dal vino o dagli stupefacenti, e può dirsi finalmente sereno.
Uno dei particolari che colpisono di più è che i personaggi del film non sono degli attori ma delle figure reali, che vivono ed hanno vissuto le stesse esperienze appena raccontate: ed ecco che, una volta finiti i titoli di coda, le luci del cinema Lumière si riaccendono, e ci capita di vedere in sala, seduti a pochi passi da noi, i frati della piccola famiglia dell’Annunziata, e si riesce persino a riconoscere qualcuno di quelli che erano sul grande schermo.
In conclusione, il più grande augurio che mi sento di fare è che gli studenti universitari affezionati a questa città e alle sue bellezze si innamorino alla stessa maniera di questo film e che portino questa storia in giro per l’Italia, in Calabria, in Sicilia, in Lombardia, nelle Marche, a Roma e a Torino. E’ una di quelle storie straordinarie, che soltanto in una città come Bologna si possono realizzare, e sono motivo di orgoglio e di vanto per un’intera comunità.
Foto della tomba di Dossetti, con alcuni membri della Piccola famiglia dell’Annunziata
Enrico Verdolini
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