Visioni urbane, categoria inserita all’interno del consorso nazionale per corto e mediometraggi Visioni Italiane, non è la semplice mostra dei luoghi cult di una città, ma piuttosto l’insieme di documentari su piccole comunità che la abitano.
Tra questi c’è “London Afloat” (2015) di Gloria Aura Bortolini, fotografa e giornalista, ma soprattutto documentarista che nemmeno in questo caso si smentisce, raccontando una realtà sociale che scorre sulle acque del canale Regent a Londra.
London Afloat mostra una città diversa da quella che siamo abituati ad immaginare e che molti hanno vissuto da turisti. Nella Big City le vite di acrobati, artisti, scultori scorrono all’interno delle barche che con pochi soldi hanno acquistato e galleggiano accanto al lussuoso quartiere di Maida Vale. L’interazione tra i residenti di questa area e chi sta nelle barche non è però sempre facile: i primi non apprezzano questi invasori che, dal loro punto di vista, deturpano la riviera, mentre i secondi, vagabondi e incompresi, amerebbero avere l’opportunità di interagirvi.
Questo desiderio pare, però, difficile da realizzarsi, mentre il loro stile di vita particolare, indotto principalmente da ragioni economiche, non lascia spazio ad alternative. Nel documentario si rappresenta, infatti, una comunità che si reinventa continuamente, combattendo contro la tassazione dell’organizzazione Waterways.
Significativo nel documentario è il contrasto con il canale del Tamigi in cui avere una barca è un lusso e le motivazioni per viverci sono strettamente legate ad un senso di libertà ed indipendenza. Chi la gestisce paga tra 100 e 200 mila sterline ed è per lo più preoccupato che vi sia una perfetta sintonia tra gli arredamenti, senza nessuno spazio per le imperfezioni.
Ma la componente forte, anche dal punto di vista emotivo, sono loro, i senza tetto, che galleggiano sul canale di Regent. La giornalista Bartolini riprende tutte le loro sfaccettature, incluse la frustrazione e il disorientamento per le regole imposte.
Sono persone di età ed estrazioni sociali diverse che reagiscono in base alla propria sensibilità. Alla fine del documentario spicca uno di loro, il più suscettibile alle pressioni del sistema, il quale si chiede come si possa vivere così a 50 anni. È con questa domanda, che l’intervistato e la giornalista Bartolini lasciano lo spettatore, ora consapevole di un nuovo mondo dietro la spettacolarità del Big Ben e del Tower Bridge.
Maria Grazia Sanna
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