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Spiegare un’isola piena di tradizioni e stretti legami col passato è un’impresa ardua, specialmente in un contesto che non consente di poter avere finanziamenti importanti: questo rende ancora più onore ai cortometraggi scelti per la sezione “Visioni Sarde“, all’interno della 22ª edizione di Visioni Italiane, organizzata dalla Cineteca di Bologna.
In questa particolare categoria la riproduzione di una realtà poco conosciuta è magia, storia, fantasia; è la comunicazione di un contesto che, con poche immagini, può diventare familiare.

Il paesaggio paradisiaco e il racconto sono i due filoni principali che, attraverso occhi e tecniche diverse, giocano con l’immaginazione dello spettatore.

“Alba delle Janas” (2015), il primo dei cortometraggi in scena, del regista Daniele Pagella è la rappresentazione delle antiche grotte delle fate (in sardo Domus de Janas) che si materializzano in un viaggio nel tempo in cui il mestiere dell’archeologo diventa un cartone in 3d. Grazie a questa scenografia le famose “Domus de Janas” diventano il fulcro di un villaggio preistorico adatto per una visione anche da parte dei bambini.

In “ Per Anna” (2015), invece, cortometraggio di Andrea Zuliani, riaffiorano per un attimo i ricordi di Heidi che gioca con le capre sul prato e la sua infanzia spensierata: queste immagini svaniscono immediatamente quando emerge la storia di una bambina che deve affrontare la durezza di un silenzio involontario da parte del suo amico, Nicola, un bambino muto, sui coetaneo, che Anna incontra sul posto, dopo essere arrivata con suo padre da Mialno.

Ma quello che rimane più impresso di ognuno dei corti sono le emozioni trasmesse in varie maniere, come attraverso il suono di un treno in “El Vagòn” (2015, di Gaetano Crivaro, Andrés Santamaria), in cui un vecchio vagone, sui binari abbandonati della stazione di Cagliari, è diventato la casa dei due protagonisti.
Altre emozioni da raccontare sono quelle de “La danza dei sacri demoni” (2015) di Franco Fais in cui il suono delle campane dei Mamuthones, maschere tradizionali, che, in occasione dei fuochi di Sant’Antonio e del carnevale, cominciano una danza rituale con trenta chili di campanacci sulla schiena.
Anche in “Meandro Rosso” (2015) di Paolo Bandinu le immagini pittoriche delineate in stop motion sono l’essenza dell’omaggio a tre grandi registi: Lynch, Fellini e Risi.

Lasciamo ad ogni lettore la propria riflessione su uno dei fotogrammi che qui vi proponiamo, mentre chiudiamo questa piccola kermesse con la consapevolezza che sia il sorriso a caratterizzare ancora i sardi, come si racconta in “Paolina era la madre di Giulia” (2015) di Clara Murtas, in cui Bruna, scrittrice illetterata, comincia a scrivere poesie dopo la morte di una figlia neonata e ogni giorno decide di regalare una poesia a chiunque incontri in un parco.
Chissà che non sia proprio il sorriso il vero segreto della lunga vita dei sardi.

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Maria Grazia Sanna

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari in Sardegna, dopo alcune esperienze all'estero, prosegue gli studi in Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna. Qui si aggrappa al suo sogno di scrivere per un giornale e fare di una passione un mestiere, con la consapevolezza di avere ancora tanto da imparare.

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