Mr.Nobody è uno di quei film che colpisce, ipnotizza e confonde ma allo stesso tempo affascina ed emoziona, vuoi per l’abilità registica di Van Dormael vuoi per le numerose osservazioni, le numerose interpretazioni e significati che ogni spettatore gli può attribuire. È uno di quei film che ci piace definire “a libera interpretazione”, si perché abbiamo di fronte a noi un’opera completa, ricca di idee e riflessioni sulla vita, talmente impregnata di significato che risulta al quanto difficile trarre un’unica finale conclusione che esaudirebbe tutti i nostri dubbi o perplessità. Se vogliamo, l’aggettivo “film psicologico” potrebbe suonare molto bene ma non riuscirebbe in ogni caso a circoscrivere l’essenza di un film che va oltre la mera visione psicologica. Parliamo della vita e dell’essere umano che cerca disperatamente un senso a tutto quello che fa e a ogni cosa che vive. Nemo non è un eroe né vuole esserlo. È uno come noi, un bambino, un ragazzo o un uomo che vive cercando il suo posto nel mondo condizionato in tutto e per tutto dalle scelte che lungo il suo cammino è costretto ad affrontare. È un film sulle scelte, su come ognuno di noi venga condizionato da quello che fa e da quello che decide in un dato momento. Anche i piccoli gesti o le piccole decisioni di tutti i giorni possono influire e cambiare per sempre il nostro futuro senza che ce ne possiamo rendere conto. Nemo rappresenta l’essere umano, è l’incarnazione di ciò che noi siamo con tutti i nostri limiti e le nostre gioie. Vive nel presente, nel passato e nel futuro. Nemo è ovunque e la sua vita non è altro che un susseguirsi di conseguenze, belle o brutte, avveratesi a seguito delle scelte che ha compiuto. L’elemento cardine della narrazione è costituito dal divorzio dei suoi genitori e dalla scena del treno in cui il piccolo Nemo si trova costretto a decidere se seguire il padre o la madre. Quello a cui assistiamo in seguito non esiste, non è reale ma è solo la rappresentazione degli eventi futuri della vita del bambino e cioè quello che sarebbe potuto succedere se avesse deciso di seguire un percorso o un altro. Il destino diventa così parte essenziale della storia ed entra in gioco nel momento in cui ci fermiamo a riflettere di fronte a quello che dobbiamo e vogliamo fare.
La vita segue il percorso di un disegno prestabilito o è frutto di una serie di casualità alle quali possiamo sottrarci in qualsiasi momento e possiamo decidere di modificare a nostro piacimento? A questa eterna domanda il regista ci offre la sua interpretazione, il punto di vista di un uomo fantasioso che ha cercato delle risposte attraverso l’utilizzo di immagini e rappresentazioni suggestive. Niente è prestabilito e niente è deciso. Siamo noi uomini che con le nostre scelte determiniamo e modifichiamo il nostro futuro. Nella vita tutto è possibile e possiamo sottrarci in ogni momento alla sorte di ciò che le conseguenze delle nostre azioni determinerebbero su di noi. Esistono solamente due cose nella vita alle quali ci è impossibile sottrarci: la morte e l’amore. Il tema della morte percorre tutto il film e assistiamo in più riprese alla morte del protagonista. Questo perché essa rappresenta l’unica certezza sicura che abbiamo, sappiamo che prima o poi, in un modo o nell’altro, siamo destinati a perire. Nemo muore sempre non riuscendo mai a scampare al suo destino. L’amore, contrariamente alla morte, non è una certezza della quale siamo consci e sicuri ma è una forza misteriosa, istintiva che regola e guida le nostre azioni e dalla quale ci troviamo a dipendere finendo per esserne involontariamente investiti. La morte è qualcosa di astratto, non possiamo toccarla, non è palpabile e assistiamo solo alle sue estreme conseguenze. L’amore, pur essendo un sentimento ed essendo puramente astratto, diventa concreto e si materializza nella persona che “decidiamo” di amare. L’amore quindi si vede, lo sentiamo, lo percepiamo ed è l’unica forza nell’universo in grado di annientarci o renderci felici. Il personaggio di Diane Kruger è la personificazione del più nobile dei sentimenti, è sempre presente, appare a Nemo nelle situazioni più disparate e impensabili e costituisce qualcosa che inspiegabilmente accompagnerà sempre il protagonista (e ogni uomo) per tutta la vita. Ne scaturisce una contrapposizione netta e distinta tra le due forze in questione. Da un lato la morte, concepita come qualcosa di terreno e in questo caso razionale, una forza “spiegabile” e conseguenza estrema di un processo vitale che giunge alla conclusione. Dall’altro lato l’amore, una forza misteriosa e irrazionale che l’uomo non si riesce a spiegare e che è sinonimo di vita stessa; dall’atto d’amore nasce la vita.
Van Dormael racconta attraverso immagini suggestive e quasi surreali il processo della vita dalla nascita alla morte, un processo esente da spiegazioni razionali ma che dipende in tutto e per tutto dalle azioni che commettiamo quotidianamente.
Definirei questa pellicola come surreale, onirica e assolutamente visionaria. Il regista sembra essere consapevole dei mezzi visivi a sua disposizione e sa abilmente sfruttare ogni contenuto per conferire all’opera quel tocco magico e incantato. È un film fatto prevalentemente di immagini dove le inquadrature contano forse ancora di più dei vari dialoghi e dove la fotografia riesce a dare l’idea di trovarci all’interno di un mondo irreale popolato dagli avvenimenti di alcuni dei futuri possibili della vita del protagonista. Interessante è soprattutto la scelta di non dividere la narrazione a episodi, raccontando cioè vita per vita le scelte di Nemo, ma di spezzare e mischiare i singoli accadimenti in modo da creare un intreccio, una sorta di vita nelle vite in cui da una singola scelta possono scaturire infinite situazione e conseguenze che nel corso del tempo arrivano a intrecciarsi tra di loro. Un plauso va sicuramente al montaggio alternato e articolato che mischia in modo apparentemente caotico i frammenti della vita di Nemo generando non poca confusione nello spettatore. Un film completo sotto ogni punto di vista, dai nobili contenuti alla sceneggiatura e dalla strabiliante tecnica registica fino alla scelta geniale e azzeccata di giocare tutto sulla potenza visiva delle immagini e degli sguardi degli attori. Un’opera strabiliante e struggente che ci regala una lunga e profonda riflessione sul senso della vita e su come sia in realtà l’uomo il vero artefice di tutto quello che gli accade.
Alessandra Arini
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