Una polemica inutile quanto i bikini di certe donne praticamente nude. E si badi che in questa fraseimages non c’è un giudizio sessista, né una valutazione di superficialità sulle donne stesse. Ognuno si veste e si sveste a suo uso e piacere. Ma tutto poi può diventare metro di paragone o di raffronto quando in ballo c’è una polemica pseudoculturale come questa. La questione sottesa riguarda l’eventuale divieto del burkini nelle spiagge, in alcune della Costa Azzurra è già stato vietato per motivi di sicurezza. Fin qui, nulla da obiettare, data la delicatezza della situazione internazionale. Ma questo ha fatto da pretesto per una riflessione generale sull’ oggetto e sulle sue declinazioni. La riflessione, si sa, è sempre da incoraggiare. Sono i risvolti sterili o ipocriti che  vanno, a mio avviso,  rimarginati. Davvero l’uso del burkini offende l’immagine della donna? No. Che dietro l’uso del burkini ci sia una storia culturale musulmana di soggezione e di oscurantismo del corpo della donna è vero. Una storia di cui il burkini non è lo specchio, ma un riflesso postumo. Però questa è una storia culturale, non religiosa. E come sappiamo ogni cultura ha bisogno dei suoi tempi, per evolversi, per cambiare. D’altra parte, nonostante probabilmente in prima persona non ne abbiamo memoria, fino agli anni ’60 le donne italiane andavano al mare quasi completamente vestite. Per pudore. E anche per un’impostazione maschilista retrograda e possessiva. Quindi, ammesso e concesso che sicuramente la maggiorparte di noi si augura un cambiamento di rotta in questo senso anche da parte delle popolazioni musulmane, di certo la soluzione non mi pare quella di strappargli il burkini a forza. Perché poi da evoluti e democratici che siamo, finiremmo per rivestire la parte degli ottusi attaccati allo stereotipo del costume a due pezzi come unico veicolo per transitare dalla parte giusta della storia. Il burkini è esteticamente poco gradevole in spiaggia? No, non credo. O quantomeno credo che possano essere esteticamente sgradevoli ben altre cose rispetto allo stesso. Anche l’ostentazione eccessiva del corpo potrebbe essere , ad avviso di altri, frutto di una logica ammalata e convenzionale nonché espressione stessa di cattivo gusto. Ma sappiamo, a nostre spese, quanto anche questa libertà di costume ce la dobbiamo difendere perbene perché è giusto che ognuno possa esprimere se stesso. E che lo possa fare anche scegliendo il corpo come mezzo di linguaggio per la sua comunicazione interiore e sociale. In ultimo luogo, due parole su questo femminismo nazista che sta venendo a galla in questi giorni a seguito di questa polemica. Calmatevi. Non potrete salvare tutte le donne del mondo perché ognuna ha una sua idea di salvezza. Così come ognuna ha una sua idea di bene e di valore. Essere femministe non può voler dire imporre il proprio modello di libertà all’altra, perché nel momento stesso dell’imposizione lo scopo ha già perso il suo senso di libertà. Integrarsi vuol dire anche rispettare i tempi di incontro di chi abbiamo davanti. Anch’ io penso che ogni donna debba vivere alla luce del sole completamente, perché scoprendosi può mettersi in gioco nella sua identità. Ma penso anche che bisogni avere in questa sfida come principale alleato l’intelligenza. E togliere quel burkini a forza sarebbe commettere uno stupro di massa su una cultura che ha completamente altre fondamenta.

Alessandra Arini

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Alessandra Arini

Alessandra Arini

Vengo da Trapani, vivo a Bologna, ma vorrei stare a Roma. Studio giurisprudenza, sogno di trasferirmi alla facoltà di Lettere, ma il mio vero desiderio è essere una studentessa di Filosofia. Improvvisatrice professionale di articoli di tuttologia, ma anche appassionata stravagante di poesia e di altri dilemmi. Insomma, una contraddizione vivente che spera di dilettarvi con i suoi pensieri sul mondo e sul corso delle cose.

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