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In due anni e mezzo di pontificato Papa Francesco ha dimostrato di voler contribuire alla realizzazione di una comunità cristiana che sia effettivamente inserita nella società contemporanea e non parallela ad essa. Nonostante la comprensibile osservazione dei canoni religiosi e la fede nei dogmi da cui scaturisce l’approccio alle questioni mondane e ultramondane, è innegabile che l’attuale Vescovo di Roma abbia intrapreso un percorso di “laicizzazione” della società cristiana. Dall’emblematica scelta del nome papale continua a stupire con paradigmi di sobrietà comportamentale da cui si evince che egli è veramente una guida morale e spirituale. Il primo Papa appartenente all’ordine religioso dei gesuiti è generoso di primati: infatti, con la semplicità dei puri e l’audacia dei coraggiosi, pochi mesi dopo la sua elezione ha riformato lo IOR, ha disposto un sinodo straordinario sulla famiglia e indetto un Giubileo inconsueto nella tempistica sul tema della misericordia. L’inizio dell’Anno Santo, che verterà sulla compassione per la miseria morale e spirituale degli uomini, coinciderà con il 50° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. La portata di tale evento si è già palesata nel suo spessore – almeno mediaticamente – attraverso le righe che Francesco ha inviato al Mons.Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione e massimo referente organizzativo del prossimo Giubileo.
A chiare lettere ha evidenziato in essa l’attuale cambiamento del rapporto con la vita, la cui negazione o interruzione in qualsiasi forma è per la Chiesa peccato gravissimo. Tuttavia, ha deciso di concedere il perdono a chi abbia scelto e praticato l’aborto – in difformità eccezionale rispetto al canone 1398 che prevede la scomunica per la donna, per chi abbia procurato l’aborto o cooperato alla sua realizzazione, trattandosi di un reato contro la vita e la libertà dell’uomo.
Per l’Anno Giubilare che verrà, tale facoltà di elargire la remissione dal peccato sarà estesa a tutti i sacerdoti nei confronti dei pentiti di cuore che chiedano assoluzione. In realtà, secondo la laica e imperfetta opinione di chi scrive, proprio questa non sembrerebbe una rivoluzione copernicana dell’indulgenza, poiché il credente che abbia peccato e si sia ravveduto con sincerità nel profondo e al cospetto di Dio, è elevato al perdono a prescindere, grazie al sacramento della Confessione. Pertanto, il sentimento di compassione per la fragilità umana che induce a condotte peccaminose verrebbe, di fatto, solo esteso durante il Giubileo, poiché già persistente nello spirito stesso della Chiesa.
Dunque, così come la tassatività del Vangelo non può legittimare l’aborto, il perdono delle pene temporali dato in circostanze straordinarie non differirebbe da quello di cui il fedele redento beneficia in ogni momento del suo cammino di fede. Ma se questo “dramma esistenziale e morale” – come lo definisce il Papa nella missiva – trova definitiva indulgenza solo nell’intimistico rapporto con Dio, l’intervento della Chiesa è un passaggio che sfugge alla logica laica, che non condivide, ma comprende, il tentativo di giustificare la finitezza umana dinnanzi all’immensità della fede. Quindi piuttosto che interpretare questa scelta del Papa come un ulteriore gesto di raccordo fra le disarmoniche inclinazioni di atei e credenti, sarebbe più apprezzabile valutarla come una delle declinazioni della virtù morale della misericordia; assieme ad essa, egli ha accolto i Lefebvriani, non escludendoli dall’indulgenza plenaria ovvero ha accordato l’opportunità ad ogni diocesi di aprire una porta santa, autorizzazione inedita nella storia della Chiesa: infatti, il vescovo ne potrà istituire una in ogni cattedrale, santuario o chiesa da questi stabilita, perché ogni fedele impossibilitato a recarsi a Roma sia ugualmente partecipe – e protagonista – dell’anno giubilare.
Così, anche il preferire l’aborto ad altre colpe quale sostanza dell’indulgenza plenaria sembrerebbe essere connotato da valenza simbolica piuttosto che capitale, secondo il modesto pensiero dell’autrice. Ciò rappresenta ugualmente un’innovazione perché, manifestare tanto platealmente la tolleranza per una delle macchie più sporche della coscienza, evidenzia l’assenza di confini nella valle misericordiosa di Dio, per coloro che credono a queste ragioni.
Tuttavia, qualora si consideri coincidente con il peccato la scelta sofferta, dolorosa e matura di vivere l’indelebile esperienza dell’aborto e qualora se ne colga l’indicibile coinvolgimento emotivo e morale ad essa connesso, allora si può timidamente ipotizzare che l’interruzione di una gravidanza, ritenuta dono divino, non può che essere argomento soltanto di un dialogo silenzioso fra impari. In esso l’uomo cerca Dio, perché Egli soffi sulla nebbia fitta di questo dilemma profondissimo. Ma esula da ogni intermediazione giubilare o confessionale ciò che attiene allo scrigno della coscienza individuale, dove risiederà sempre e si risolve il senso di quella la cicatrice. Se si risolve.

Bologna, 25 Settembre 2015
Anna Rita Francesca Maìno

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Anna Rita Francesca Maino

Anna Rita Francesca Maino

Sono nata a Matera e attualmente vivo a Bologna, dove studio Giurisprudenza. Non amo descrivermi, ma descrivere, anche perché leggermi significa un po' conoscermi. Scrivo per passione e credo che carta e penna facciano miracoli: "curano i dolori, consolidano i sogni, restituiscono la speranza".
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