Minchia. Ecco con quale parola sono accolto nella piccola Partinico, essa viene pronunciata da un signore magrolino e abbastanza ricurvo, il  cui viso corrucciato sembra farsi scudo dietro un grosso paio di baffi grigi, è seduto ad un tavolino dello storico bar Alessi e senza neanche esprimere un’ordinazione viene servito dal paffuto proprietario del bar, ingurgitato il proprio caffè amaro mi guarda fisso e mi chiede <<ma Bologna è in Emilia o in Romagna? No perché  devi stare attento, purtroppo Garibaldi si è scordato di fare gli italiani, quindi esistono ancora gli emiliani e i romagnoli. Comunque sia gli emiliani che i romagnoli devono capire che ora sono più cazzi loro che nostri. Pensa che in Emilia-Romagna ci sono associazioni come la Pio La Torre, lo zuccherificio, c’è Gaetano Alessi, che hanno fatto insieme le mappe delle mafie in E.R dividendo il territorio tra le famiglie della Mafia e della ‘ndragheta con nomi cognomi e indirizzo. Quindi incomincia ad esserci strutturazione.>> tali parole vengono interrotte dall’arrivo di una volante della polizia, i poliziotti sono venuti a salutare il signore, ma non è un saluto tra vecchi amici al bar, è il saluto tra la scorta e il proprio protetto, si perché quel signore baffuto è Pino Maniaci.

Inserito tra i 100 eroi del giornalismo da Reporters Sans Frontières (unico italiano insieme a Lirio Abbate) Pino sembra affrontare tutti gli atti intimidatori con leggerezza e passione per il proprio lavoro. Conoscendolo non penseresti mai che a quest’uomo hanno impiccato i cani, bruciato due macchine, fatto arrivare minacce di morte, non penseresti mai che i suoi occhi sono diventati neri molto spesso a causa dei pugni e degli schiaffi ricevuti. Pino conserva una freschezza simile a quella di Peppino Impastato, ammazzato a soli 19 km di distanza nella vicina Cinisi.

Il paragone con l’eroe dei 100 passi non è fuori luogo, anche Pino negli anni ha dovuto lottare contro il pesante clima che si era formato attorno a lui e alla sua emittente, anche lui ha denunciato e sbeffeggiato i mafiosi durante il lunghissimo tg quotidiano, famosi gli auguri che ogni anno Maniaci riservava a Bernardo Provenzano in occasione del compleanno dell’allora latitante “ auguri pezzo di merda, fai una cosa giusta nella tua inutile vita e consegnati”. Parole che potrebbero sembrare scontate in qualsiasi parte d’Italia ma non  a pochi km da Corleone, quando i familiari e i compagni di Provenzano li puoi incontrare in piazza o al bar.  L’impegno è stato costante e riconosciuto da tantissime personalità del giornalismo, su di lui ha scritto Saviano, la televisione francese ha girato un documentario, il palermitano PIF ha registrato una puntata della sua serie “il testimone” e ha condotto una puntata del telegiornale.

Passato il momento dei saluti con i poliziotti, Pino viene raggiunto da altri tre ragazzi, Marco di Modena e Luca e Michele, due ragazzi appena arrivati da Ravenna. I tre ragazzi come altri centinaia in questi anni hanno deciso di passare una settimana di stage presso Telejato, a portarli al bar è un furgoncino con lo stemma della piccola televisione guidato da Letizia, la figlia di Pino, una ragazza con un talento naturale per il giornalismo ( nel 2005 ha vinto il premio Maria Grazia Cutuli). Letizia è in compagnia della madre e moglie di Pino, anche essa ormai entrata in simbiosi con i ritmi della televisione partinicese.

A questo punto si consuma un piccolo show dal sapore siculo, Pino incomincia ad essere meta di pellegrinaggio da parte di tutti i vecchietti, ognuno di loro ha qualcosa di cui lamentarsi, lamentele che Pino asseconda con battute e prendendo appunti, mi guarda e mi dice << questo è fare giornalismo! Io l’ho detto allo scorso festival (del giornalismo), voi state celebrando un funerale.>> chiedo il perché di tale affermazione e lui mi dice << puoi parlare di giornalismo quando Mentana è vicino al PD, Santoro era di rifondazione Comunista, Vespa si accoda al potente di turno e Travaglio ormai dopo l’uscita di scena di Berlusconi è disoccupato?. Oggi si attacca Renzi per fare audience domani si attaccherà il movimento 5 stelle per lo stesso motivo.>>

Anche questa volta siamo interrotti, bisogna mettersi al lavoro, saliamo velocemente sul furgoncino con gli altri ragazzi e dopo 5 minuti ci ritroviamo davanti la distilleria Bertolino. Questa, come viene scherzosamente chiamata da Letizia, è la seconda casa della famiglia Maniaci. Pino ha infatti condotto numerose battaglie contro essa, il perché è lampante, oltre al malsano odore di cui è pregna l’intera città, si notano subito un’altra stortura, vinacce e scarti della produzione del vino ammassati in enormi montagne non coperte (come invece è previsto per legge).

<< è la nostra piccola Ilva, pensa che io sono stato denunciato centinaia di volte dagli avvocati della signora Bertolino, all’ennesima denuncia sono venuto qui davanti e mi sono spogliato di tutto, persino le mutande! Mi ha chiesto i danni economici e allora io ho voluto dare qualsiasi mio avere.>> mi dice Pino aspettando che Letizia si posizioni con la propria telecamera, i minuti che seguono sono a metà tra l’esilarante e il drammatico. Pino manda accuse a tutti, amministrazione comunale troppo accondiscendente nei confronti della multinazionale, agenzie che non controllano, forze dell’ordine che non agiscono, ci spostiamo quindi nella parte posteriore della distilleria (la più grande d’Europa), la puzza diventa ora penetrante, dobbiamo utilizzare dei fazzoletti per non respirare il tanfo che risale le alte ciminiere della fabbrica, li mi viene dato il compito di filmare gli scarti della lavorazione, anch’essi ammassati in cataste prive di copertura, il cui scolo rappresenta un’altra grande minaccia.

È l’ora di andare in redazione, ma solamente dopo essere passati a controllare se c’è qualche commissione riunita in municipio, poiché il municipio è deserto ci avviamo verso la casa adibita a redazione, nel tragitto scambio due parole con i ragazzi che stanno svolgendo il proprio stage << abbiamo conosciuto Pino tramite articoli e manifestazioni in cui era presente, ci siamo subito innamorati del suo modo di vivere e di pensare, e dopo aver mandato un’email in redazione abbiamo concordato un periodo di stage, ci danno vitto e alloggio e la possibilità di lavorare sul campo con lui.>> e infatti appena arrivati nella minuscola redazione (due camere, una adibita alla diretta, l’altra al montaggio il tutto sotto le gigantografie di Falcone e Borsellino e dei numerosi premi che la televisione ha ricevuto) i ragazzi si mettono all’opera, registrano servizi, montano i titoli e stampano i numerosi comunicati stampa che arrivano. Dopo poco arriva Pino, mi prende sottobraccio e mi porta nella stanza dove di solito riposa.

<< di solito parliamo di Mafia, ma l’antimafia come sta messa?>>  chiedo io pensando di fare una domanda scontata, alla quale la risposta è già nota, Pino invece alza gli occhi, si accende una sigaretta (credo la trentesima di quel giorno) e con uno sguardo che ho imparato a conoscere, quello che hanno tutti i siciliani quando stanno per parlare di qualcosa di pesante, di forte, mi osserva e poi comincia << stiamo portando avanti un’inchiesta molto delicata, in cui siamo rimasti soli. Parliamo della legge Rognoni-LaTorre, sui beni sequestrati e poi confiscati, questa è stata fatta trenta anni fa in emergenza, ma deve subire delle modifiche immediate, forse anche a seguito della nostra inchiesta il governo si sta muovendo. Ovviamente dobbiamo vedere a favore di chi andrà, sperando che non vada come al solito a favore di holding dell’antimafia: una fra tutte Libera.>> dopo queste frasi sento in cuore che Pino sta toccando un tasto delicatissimo e spinoso, lui forse allarmato dalla mia espressione puntualizza << Attenzione io non ho attriti con nessuno, ma come sai benissimo il mio mestiere è quello del giornalista, io pongo domande, faccio inchieste. Libera è un’associazione a livello nazionale che lancia messaggi bellissimi, positivi, che mi piacciono. E per questo vorrei risposte alle mie domande, come si spiega che i ragazzi che vengono a lavorare sui terreni confiscati debbano pagare 150 euro a settimana e poi ad esempio la pasta di Libera costi il quadruplo di quella Barilla? Non sarebbe un bellissimo messaggio fare costare la pasta molto meno della Barilla in modo da farla entrare nelle case delle famiglie più povere, non sarebbe un messaggio devastante? “ ( ribadiamo il virgolettato di queste affermazioni, non abbiamo voluto tagliare nulla, proprio per lasciare spazio alle parole di Pino. Ma si tratta è chiaro, di una considerazione personale. Davanti alla quale ci apriamo alla possibilità di repliche e contestazioni)

<< ovviamente il problema non è Libera, il problema è la nostra italietta. E ora non lo viviamo solo noi siciliani, anzi ora il problema, come ti dicevo, sta più a nord che a sud. Qui hanno succhiato tutto questi pezzi di merda, però contemporaneamente, anche a seguito delle stragi degli anni 90, sono nati gli anticorpi. La Sicilia non è più terra di mafia, stiamo cambiando volto! Le forze dell’ordine e i magistrati sono preparatissimi, e che fanno loro? Si spostano al Nord, dove questi anticorpi non esistono. La politica è connivente, il giornalismo queste cose dovrebbe denunciarle.  Io sono solo uno scassaminchia, non faccio niente di particolare, pensa che non avevo neanche il tesserino da giornalista, perché ovviamente in Italia per denunciare la mafia non ci vogliono due coglioni così, ma un tesserino! Lo vedi il sistema televisivo? La spartizione del CDA Rai? Di cosa stiamo parlando?>>

Pino s’infervora, spegne e accende una nuova sigaretta << siamo soggetti alla telecrazia, guardiamo le minchiate che sparano in tv. Scanzi, Vespa, Travaglio. Programmi demenziali, impornazione, distruzione delle menti. In tutto questo la mafia ci sguazza. Telejato, vuole essere un modello. Abbiamo aperto telejunior un canale totalmente gestito dai ragazzi che vengono a fare gli stage. Gli diamo una telecamera, un microfono e pedate nel culo.

Tutto seguendo due soli motti “io pagherei affinchè tu possa esprimere il tuo pensiero e le tue opinioni anche se io non li condivido” di Voltaire e il concetto etico del giornalismo di Pippo Fava “ una buona informazione incide e corregge, diventa determinante per un territorio,diventa un punto di riferimento e la voce di chi non ha voce” questa è Telejato. Noi facciamo solo quello che dovrebbero fare tutti i giornalisti, niente di speciale.>>

Colpito da queste parole faccio una domanda banale ma  che sento fondamentale <<c’è speranza?>> ma nello stesso momento bussano alla porta, sta iniziando la diretta, Pino si catapulta in studio ma prima mi indica i ragazzi al lavoro e mi grida <<non li vedi sti picciotti? Minchia!>>

Gabriele Maria MorroneManiaci-Pino

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Alessandra Arini

Alessandra Arini

Vengo da Trapani, vivo a Bologna, ma vorrei stare a Roma. Studio giurisprudenza, sogno di trasferirmi alla facoltà di Lettere, ma il mio vero desiderio è essere una studentessa di Filosofia. Improvvisatrice professionale di articoli di tuttologia, ma anche appassionata stravagante di poesia e di altri dilemmi. Insomma, una contraddizione vivente che spera di dilettarvi con i suoi pensieri sul mondo e sul corso delle cose.

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