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Ci sono appuntamenti con la Nazione ai quali nessun cittadino dovrebbe mancare, come il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. È un momento istituzionale che ho sempre considerato cruciale, perché sintetizza un sentimento, nobilissimo e non spontaneo: il nostro senso di appartenenza all’Italia si manifesta anche attraverso questi eventi importanti. Ieri è stata la prima occasione per il Presidente Sergio Mattarella, il cui intervento è stato l’esatto specchio della sua persona sobria ed elegante. Ha parlato a braccio, seduto cordialmente su una poltrona, come se gli Italiani fossero nel suo salotto, spontaneo e informale. I suoi occhi azzurri e luminosi solo dopo i primi minuti hanno smesso di ballare fra la telecamera e il resto della stanza per rimanere fissi e in connessione ideale con ogni cittadino all’ascolto. Piccoli dettagli da cui traspare il garbo di un uomo, apparentemente schivo, ma nel profondo garante della nostra Costituzione e valido rappresentante dell’unità nazionale. Dopo aver preso confidenza con una personalità da decifrare è possibile cogliere l’essenza delle sue parole pacate e sagge. E’ stato abile nel pronunciare il suo discorso dalla prospettiva dei cittadini comuni nei loro luoghi quotidiani: ha esordito parlando del lavoro che manca tanto per numerosi giovani preparati quanto per i disoccupati più maturi che, soprattutto al Sud, soffrono di questo disagio sociale che è oltretutto la negazione di un diritto fondamentale. Mi ha colpito la sincerità con cui si è rivolto alle famiglie in affanno, ai disabili, agli anziani “soli o che si sentono soli”, ai malati e ai bambini nati nel 2015, portatori di gioia e di speranza. Ha proseguito con la condanna dell’evasione fiscale che, secondo Confindustria, nel 2015 è stata pari a 122 miliardi di euro ovvero pari a 7.5 punti del PIL. Un aberrante malcostume pari al fenomeno della corruzione di chi ruba, sfrutta, inquina, calpesta i diritti: la correttezza e l’onestà si esigono prima di tutto da chi governa, perché svolga la sua funzione pubblica con trasparenza, rispetto e sobrietà assieme al fedele rispetto delle leggi e della Costituzione, che è una realtà viva e concreta solo quando sono attuate le regole della nostra convivenza civile. Doveroso il tema del terrorismo fondamentalista che ha colpito con violenza l’Europa, ma non ci condizionerà perché la libertà delle nostre scelte di vita rimanga baluardo di pace e democrazia e perché sia da difendere come impegno sociale di cui ciascuno è portatore in leale collaborazione con gli altri Paesi dell’Unione Europea. Inoltre, ha ricordato che l’Italia ha conosciuto la sofferenza dell’emigrazione, perciò oggi l’immigrazione è una questione da affrontare con accoglienza, ma rigore: l’integrazione si realizza innanzitutto attraverso la conoscenza della lingua italiana e il lavoro onesto. In caso contrario gli immigrati delinquenti devono essere puniti come gli italiani disonesti, poiché illegalità, malaffare e corruzione rubano il futuro. Ha parlato delle mafie da combattere senza esitazione, onorando il lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine che ogni giorno agiscono con coraggio in questa direzione e ricordando che i giovani sono i primi cui repelle un sistema che rifiuta la legalità. E’ confortante la fiducia che gli Italiani ricevono anche all’estero, come esempi di bellezza, bravura e talento, perché non possiamo restare intrappolati dai luoghi comuni che spesso connotano solo in negativo la nostra italianità. Dobbiamo difendere e potenziare ciò che ci rende unici e insostituibili, ricordare che bisogna aver cura della nostra Repubblica che compirà 70 anni nel 2016, far vivere i principi che danno impulso alla nostra stessa vita. Per tale lascito emotivo che rinnova la fede nei valori civili ribadisco l’opportunità di questi riti per ritrovarci e darci speranza. Ammiro il Presidente Mattarella per la delicatezza con cui è presente nella vita della nostra Nazione e monitora con sobrietà questa stagione della nostra democrazia. Ho atteso con impazienza il suo messaggio e l’ho recepito con soddisfazione. Solo quando ci si sente protagonisti del sistema è possibile partecipare naturalmente alle pretese di una democrazia, che offre la rosa più candida delle libertà e pertanto il suo equilibrio è fra i più delicati: si mantiene o sbilancia in base alla cifra del nostro interesse al suo destino.

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Anna Rita Francesca Maino

Anna Rita Francesca Maino

Sono nata a Matera e attualmente vivo a Bologna, dove studio Giurisprudenza. Non amo descrivermi, ma descrivere, anche perché leggermi significa un po' conoscermi. Scrivo per passione e credo che carta e penna facciano miracoli: "curano i dolori, consolidano i sogni, restituiscono la speranza".
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