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10 gennaio 2016, due giorni esatti dopo il compimento del suo sessantanovesimo compleanno, l’artista David Bowie muore. L’ennesimo articolo dovuto per celebrare un pilastro della musica nonchè dell’arte in generale, che ha condizionato e accompagnato il mondo da decenni a questa parte. Di David Bowie sarebbe inutile elencare i successi dell’immensa carriera musicale, mentre riveste importanza particolare alimentare e ricordare la sua immagine, come esempio della scoperta perenne di se stessi. Stoica infatti è stata la sua capacità di reinventarsi e adeguarsi ad un mondo occidentale in piena evoluzione, dal punto di vista stilistico, culturale e sentimentale, invincibile nel suo talento nell’abbracciare il nuovo, il giovane, condizionato fortemente dai suoi trasferimenti nelle capitali europee che sono tutt’ora culle della civiltà, fino all’America.
Un ricordo particolare va al Bowie di Berlino, citato non a caso nel famosissimo film “I ragazzi dello zoo di Berlino”, come emblema di una città che ai tempi necessitava di reinventarsi, riprendersi, connettersi al popolo, ma anche come emblema di una società giovanile colpita dalla droga nel pieno petto degli anni ’80. Abuso che ha colpito anche l’artista in questione come tanti altri artisti, nonostante occorra riconoscere come ad un’anima tale, l’eccesso abbia sviluppato un lato eccentrico che permette di ammirare il suo trasformismo, il flusso dell’estetica che lo ha portato a rivisitare il suo personaggio con forte determinazione, ma anche con la contraddittorietà riflessa nei suoi occhi diversi, pieni di dura espressività.
Basti pensare al conflitto d’immagine che separa il Bowie berlinese a quello degli anni ’90, berlinese al quale forse tutti ci ricolleghiamo se pensiamo alla sua grandezza, evolutasi anche nel periodo successivo, quando ormai la musica elettronica stava iniziando a spopolare. Lui si aprì anche a questa, nonostante l’affezione di tutti noi sia maggiormente rivolta a quel Bowie truccato, colorato, forte, con significato contraddittoriamente malinconico e doloroso.
Artista magico, in primis per la sua canzone, piena di trasporto verso emozioni di stomaco, dolorose per lo più, proprio per ricordare che la più grande arte nasce dal male e dal dolore, al quale però egli ha dato anche la sua immagine, immagine piena di vivace colore e shok, enigma del flusso di coscienza che accompagna qualsiasi sensibilità toccata dalla vita vissuta appieno, contrastante col testo, proprio per colpire l’occhio, primo tramite di comunicazione, per poi arrivare dentro, nell’anima nascosta dell’artista che è in ogni persona.
Documentari, articoli, telegiornali, tante cose celebrano la sua mancanza, ricordano la sua grandezza, la grandezza di un colosso rappresentativo di varie generazioni, a partire da quella dei miei genitori fino ad arrivare a quella attuale. Infatti una memoria particolare va verso la sua dedizione che dovrebbe essere d’insegnamento, dedizione alla musica che gli ha permesso di rinnovarsi e rinnovare, per continuare a svolgere la sua carriera con forza titanica. Lui era in ogni retroscena evolutivo.
La memoria più grande va al Bowie di Heroes, piacevolmente malinconico, tristemente colorato, amaramente tossicodipendente, totalmente connesso alla Berlino e quindi a tutta l’Europa e ai giovani underground del tempo, malinconici, colorati e tossicodipendenti, come lui. Questo perchè un personaggio che sia grande, deve saper comprendere e farsi portatore dei valori del suo tempo, ed è stata questa la sua forza: il vivere i valori alternativi degli anni della sua carriera, renderli arte e donarli. Un uomo che ha saputo raccogliere il peggio, per renderlo arte e bellezza.
Ciao David.

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Sotto Sopra

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In contrasto tra concreto e surreale, rivela il suo impeto esuberante e la sua introversa sostanza nella poesia, ispirata dal modo di sentire la vita, vissuta come un' eterna e toccante connessione.

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