Piazza Santo Stefano, Bologna
Piazza Santo Stefano, Bologna

Amnesty International è un’organizzazione non governativa, una delle principali organizzazioni mondiali che si occupano di diritti umani.
É nata nel 1961, tra un brindisi e un articolo di giornale: l’avvocato inglese Peter Benenson, indignato dalla notizia della condanna a sette anni di reclusione per due studenti portoghesi, colpevoli di aver brindato alla libertà in un caffè di Lisbona – nel periodo del regime dittatoriale di Antonio de Oliveira Salazar – ha deciso di “accendere”, per la prima volta, la candela di Amnesty International.
Il 28 maggio del 1961 il settimanale londinese The Observer ha pubblicato la sua lettera aperta “The Forgotten Prisoners”. Benenson ha cominciato quella lettera con le seguenti parole: “Aprite il vostro quotidiano un qualsiasi giorno della settimana e troverete la notizia di qualcuno, da qualche parte del mondo, che è stato imprigionato, torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la sua religione sono inaccettabili per il suo governo”. Inoltre, ha esortato i lettori a esercitare pressione sui governi: Se a protestare è una persona sola l’effetto è limitato. Se sono in molti l’effetto è miracoloso”. É stato proprio questo “appello per l’amnistia” a segnare la nascita di Amnesty International.
Del simbolo dell’associazione, ormai emblema della protezione dei diritti umani nel mondo, è lo stesso Benenson a chiarircene il significato: “In passato i campi di concentramento e altri buchi infernali del mondo erano immersi nell’oscurità. Oggi sono illuminati dalla candela di Amnesty, una candela avvolta dal filo spinato. Quando ho acceso la prima candela di Amnesty avevo in mente un vecchio proverbio cinese: ‘Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità‘”.
Peter Benenson é scomparso il 25 febbraio del 2005 in seguito ad una polmonite, ma la sua candela è rimasta accesa.
La candela amnestiana oggi arde in 150 Paesi, contando più di tre milioni di membri attivi nella difesa dei diritti umani.
La luce della candela deve continuare a illuminare la vicenda di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano scomparso la notte del 25 Gennaio al Cairo e ritrovato ucciso il 4 febbraio in un fosso di Giza. L’autopsia ha confermato che Giulio, prima di ricevere il mortale colpo al collo che ha provocato la rottura di una vertebra cervicale, fosse stato sottoposto a torture continuative per nove giorni.
Chi lo ha rapito? Dove è stato tenuto prigioniero? Quali sono stati gli esecutori materiali delle torture sul giovane e quali, ancora, i mandanti? Perché? Su che cosa stava lavorando Giulio? Chi ha costruito le discordanti versioni rilasciate dopo la sua morte? Chi e secondo quali modalità sta indagando sul caso? Come stanno collaborando con le nostre autorità?
Attualmente in Egitto per essere torturati – dichiara il portavoce della sezione italiana Amnesty International Riccardo Noury – non serve avere un background come quello che si era ipotizzato, essere un agente o un presunto collaboratore di un qualche servizio segreto, tesi comunque ritenuta inverosimile, ma è sufficiente fare ricerca o occuparsi dei diritti umani. Segni come quelli sul corpo di Regeni sono stati ritrovati tante altre volte su corpi egiziani.
La sua uccisione ha messo in evidenza la situazione di drammatica repressione e violazione dei diritti umani in Egitto. Il Cairo è avvolto da una cappa di violenza e di paura. “Da quando Al Sisi è salito al potere, le organizzazioni per i diritti umani hanno registrato centinaia di casi di sparizioni e oltre 1700 condanne a morte e decine di migliaia di arresti. La tortura è praticata abitualmente nelle stazioni di polizia e nelle carceri, compresi i centri segreti di detenzione. La libertà d’espressione e manifestazione pacifica sono pesantemente limitate e i difensori dei diritti umani e i giornalisti subiscono abitualmente persecuzioni e processi irregolari”.
Basti pensare alla campagna promossa dalla tv di Stato egiziana che invita a “non aprire il tuo cuore allo straniero perché una parola può salvare una Nazione”, evidenzia Riccardo Noury.
Ovviamente non può essere Amnesty International a condurre le indagini, ma quello che chiediamo è che le autorità egiziane forniscano una ricostruzione veritiera dell’omicidio, portando avanti un’inchiesta approfondita, rapida e indipendente.
Il direttore generale di Amnesty International, Gianni Ruffini, a tal proposito, ha invitato il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni, e l’amministratore delegato di Eni spa, Claudio Descalzi, chiedendo al primo, attraverso l’ambasciata italiana al Cairo, e al secondo, in virtù degli accordi commerciali intercorrenti tra Italia ed Egitto, di fare il possibile per sollecitare le autorità egiziane.
Inoltre, insieme a la Repubblica Amnesty International Italia ha lanciato una nuova campagna nazionale “Verità per Giulio Regeni” per non permettere che l’omicidio del ricercatore italiano cada nel dimenticatoio. Uno striscione di dieci metri sarà esposto fuori dagli uffici della Sezione Italiana e sarebbe auspicabile che questo gesto, se pur simbolico, si estendesse ai Comuni italiani, alle Università e ad altri centri di cultura del nostro Paese.
Si è, inoltre, tenuto un presidio davanti all’Ambasciata d’Egitto a Roma per chiedere verità sulla scomparsa di Giulio.

Scuola di Giurisprudenza, Palazzo Malvezzi - Bologna
Scuola di Giurisprudenza, Palazzo Malvezzi – Bologna

Noi, gruppo universitario Amnesty International (GG089) di Bologna, in qualità di cittadini, di attivisti, ma anche e soprattutto in quanto studenti, come lo era Giulio, chiediamo verità sul caso. Ci siamo mobilitati, lasciando in tutte le aule studio di Bologna post-it recanti il messaggio “Verità per Giulio Regeni”; abbiamo raccolto e divulgato informazioni tramite social network. Abbiamo registrato anche un video, che contiene pensieri, speranze e paure di studenti universitari come noi, come Giulio, per raccontare quanto accaduto.
Insomma, nel nostro piccolo, speriamo e pretendiamo che, anche attraverso le nostre attività, Giulio non venga dimenticato. La nostra sete di verità e giustizia è forte, come lo deve essere la luce di Amnesty International nell’oscurità di questo momento storico.

Maria Morbiducci
Attivista e tesoriera del gruppo giovani 089 Amnesty International

The following two tabs change content below.
l'UNIversiTA'

l'UNIversiTA'

l'UNIversiTA'

Ultimi post di l'UNIversiTA' (vedi tutti)

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Comment *