image

“Quando le donne a Bologna..”, inaugurata il 18 febbraio nell’area centrale di Sala Borsa, è molto più di una semplice esposizione di foto, 90 per la precisione: è un memoriale di tutte quelle donne di ieri e di oggi che hanno contribuito a rendere questa città uno dei simboli più vivi per l’emancipazione femminile. La mostra, organizzata dall’Associazione Spigolo Tondo in occasione del 70° anniversario dall’estensione del diritto di voto alle donne nella turrita e dotta Bologna, prima tra tutte a realizzare il sogno di tante staffette partigiane, sarà visibile sino al 26 febbraio.

L’idea di celebrare queste coraggiose figure femminili con una raccolta, che rappresentasse le diverse evoluzioni intercorse nei processi di lotta per i diritti politici e più tardi per quelli civili e sociali, è nata dall’intuizione di Carla San Di Rocco, presidente dell’Associazione. Un giorno, mentre sfogliava uno dei suoi vecchi album, rimase colpita da una foto in cui la madre Tamara era seduta insieme ad altre donne appartenenti alla Commissione Femminile della Federazione del PCI che, come lei, avevano lottato per sovvertire quella che sino ad allora era stata una società profondamente patriarcale. Da queste sensazioni è nato un progetto di ricostruzione e rappresentazione di ieri e di oggi, che ha incluso la ricerca in vecchi album di storie nascoste dietro la carta velina per troppo tempo e l’intervento di fotografe professioniste come Sonia Lenzi e Melissa Iannello, per immortalare, attraverso i volti, tematiche di sapore sociale a noi contemporanee.

Le loro storie sono quelle che, come afferma Valentina Rizzo socia dell’associazione, hanno reso grande Bologna, ma pochi le conoscono, anzi per molti sono tutt’ora una scoperta. Il bisogno di recuperare questi ricordi da archivi di istituti e associazioni e ancora da quelli privati non ha voluto, dunque, semplicemente porsi come rimando ad un passato così ricco di ideali e partecipazione, ma anche come chiave di lettura per il nostro presente e il nostro futuro.

image

A Bologna il 24 marzo 1946, per la prima volta, le donne sono potute entrare in una cabina elettorale e da allora il loro impegno nella rivendicazione dei diritti si è fatto sempre più vivo, mescolandosi alla ricerca dell’inserimento nel mondo del lavoro. La mostra si apre proprio con il richiamo a quei momenti e con quella foto così suggestiva per Carla San Di Rocco. Seguono i rimandi alle successive lotte. Negli anni ’70, sono stati inaugurati, nella cittadina tra colli e pianura, i primi asili nido, mentre nella biblioteca del Castel Bolognese, come testimoniano le immagini, si teneva la prima conferenza sulla contraccezione. Si trattava di un evento eccezionale: durante il fascismo, promuovere questa pratica era stato vietato per legge.

Ma non è tutto. Ci sono foto che vedono Piazza Maggiore gremita di donne col solo desiderio che l’aborto non fosse più una pratica clandestina. Era il 1976 e bisognerà ancora aspettare due anni per l’emanazione della prima legge che cancellasse l’aborto dalla lista dei reati, mentre negli anni ’80 l’occhio della fotocamera era puntato verso i preparativi per i primi incontri informativi sulla contraccezione. Sono questi i decenni in cui le donne cercano di acquisire maggiori diritti nello statuto dei lavoratori e districarsi nel loro ruolo di mogli, madri e lavoratrici senza penalizzazioni di genere.

Oggi, invece, rimane ben poco della passione politica di allora seppur la mostra riesca a trovare una connessione tra il passato e il presente. La precarietà del lavoro femminile sembra intersecarsi a brevi e fulminei sprazzi di rivendicazioni. Tra questi, le manifestazioni contro la violenza sulle donne, l’istituzione della prima Commissione per la parità, avvenuta in Emilia Romagna nel 2010 e l’accesso di alcune personalità femminili al ruolo di Presidenti e direttrici. Cira Santoro, Direttrice del Teatro Laura Betti, e Benedetta Rasponi, presidente CNA Impresa Donna sono solo alcuni esempi.

Ma questo non basta. Bologna è patria di ispirazione, perseveranza e acquisizione di obiettivi a volte quasi impensabili; su questo terreno, il fermento popolare ha radici troppo forti per emergere solo in una temporanea manifestazione. Ripensare ai sacrifici di Edera De Giovanni, fucilata dai fascisti nel 1944 o alla sofferenza di Lucy, una delle prime trans sopravvissuta ai campi di concentramento di Dachau significa fare un esame di coscienza personale e comprendere che questi non meritano di essere resi vani da un astensione alle urne anche in un periodo in cui il panorama politico sembra non essere all’altezza della tutela degli interessi comuni.

Calorina Delburgo, scrittrice ebrea fotografata da Melissa Iannello, è arrivata in Italia dall’Egitto nel 1956 e del nostro paese ama ricordare il senso di solidarietà e ospitalità, nato semplicemente dalla comprensione della sofferenza di chi raggiungeva l’Italia. Questo spirito comune è ancora esistente sui pavimenti e nelle piazze di questa città, pertanto bisogna tornare a crederci perché non si estingua completamente. “Quando le donne a Bologna..” non è un richiamo nostalgico del passato ma la rappresentazione visiva di una verità, che si propone di spronare tutti i sensi di chi vive nel presente.

The following two tabs change content below.
Maria Grazia Sanna

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari in Sardegna, dopo alcune esperienze all'estero, prosegue gli studi in Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna. Qui si aggrappa al suo sogno di scrivere per un giornale e fare di una passione un mestiere, con la consapevolezza di avere ancora tanto da imparare.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Comment *