“American Sniper” è un’opera di parte, ‘partigiana’ e di folle propaganda in salsa yankee. È la storia di un eroe Americano con la “A” maiuscola capace di risollevare le sorti della guerra: un allora giovane texano, Chris Kyle, interpretato da Bradley Cooper, cresciuto da un padre duro che, attraverso la straordinaria aggiunta tutta statunitense della figura del “cane pastore” inserita nel più classico binomio pecora-lupo, ha inculcato in lui e suo fratello i più tipici valori a stelle e strisce. Tira a campare come cowboy nei rodei di provincia fino a quando, spinto dalla personale ossessione per la protezione di chi ama e del suo Paese, e in seguito agli attacchi terroristici di Al-Qaeda che bussano prepotentemente alle porte delle allegre famiglie americane, decide di dover dare il proprio contributo arruolandosi nel temerario corpo militare dei Seal. Parte per il suo primo turno mostrando incredibili doti come cecchino, tanto da divenire il primo bersaglio per gli insorti, ponendogli l’appellativo di cecchino più letale della Storia dell’Esercito americano.

Tuttavia, nei periodi di riposo passati con la moglie e i figli, si dimostra sempre più assente. Non è realmente Chris a fare ritorno, bensì un riflesso opaco. Il vero Chris ormai non esiste più. Per ogni suo compagno caduto in battaglia perde pezzi di se stesso e non si cura di rimetterli insieme; li lascia lì tra il sangue e le macerie sperando che sia il tempo a portarli via. Kyle farà ritorno in Iraq per quattro turni e, in quello che poi sarà l’ultimo, trovandosi a distanza ravvicinata con quella morte che aveva da sempre sfidato, capì che la sua vita era solo quello: dolore e morte. Eppure lui aveva di più. Un di più, la cui importanza era sempre in secondo piano. Un di più che mai gli era mai parso così chiaro sino a quel momento: la sua famiglia. Grande film confezionato dal Maestro Clint Eastwood, che alla veneranda età di quasi ottantacinque anni non va a alla posta a lamentarsi, ma lui gira film. E li gira con consapevolezza, misura e equilibrio. Come ha sempre fatto. Eastwood è un patriota lo si sa da sempre, lui ama il suo paese e nei suoi film il patriottismo ha sempre una grande impronta. Clint ci mostra il patriottismo ma riesce anche a mostrarci il suo lato oscuro e le sue terribili conseguenze. Chris Kyle ne è un esempio lampante: un soldato che ama l’America e vuole servire il suo paese al meglio. Poi però iniziano i tormenti, i ricordi dolorosi, il prezzo che si è pagato in termini di vite umane. Un lungometraggio atto a raccontare il “male di vivere” dei soldati incapaci di tornare davvero dal fronte ma non altrettanto nel portare sullo schermo le emozioni che le stesse smuovono. Si tratta di un film che non condanna mai il protagonista, che anzi appare sempre sincero nel suo ideale. Ma forse è proprio quell’ideale a finire sotto processo nel film. Chris Kyle che, in battaglia, ha ucciso – certificati dal Pentagono – centosessanta tra uomini, donne e bambini – nel suo romanzo, lui stesso dichiara una cifra nettamente superiore, riportando alla mente della sottoscritta le parole di un saggio su serial killer e psicologia criminale, che sottolineano l’esistenza di assassini seriali che, pur di vedere legittimati i loro istinti, finiscono per abbracciare cause quali quella dell’Esercito, delle forze dell’ordine o della criminalità organizzata. Chris Kyle la Leggenda. Chris Kyle il Diavolo di Ramadi. Una macchina da guerra sopravvissuta alla guerra stessa, ma in tempo per morire per mano di chi dalla guerra è tornato soltanto sulla carta. American Sniper è la fotografia più intensa e veritiera di quell’orrore conosciuto come guerra. Perchè la Guerra, come concetto, è purtroppo alla base della nostra natura di esseri umani. Chiunque, dal molto piccolo della quotidianità al molto grande dei massimi sistemi, in modo più o meno evidente o violento, lotterà sempre per quello in cui crede e per difendere chi ama. Statunitense o Iracheno. Chris Kyle o Mustafa. E’ un film che va domato con valutazioni personali, lasciando spazio senza voler conquistare idealmente nessuno. Sta a chi è fruitore ultimo dare la propria misura di quello che è accaduto sullo schermo e che con ogni probabilità realmente sta accadendo in una non meglio precisata zona di guerra. “Il Male è ovunque”, afferma affranto Marc quasi ammonendo Chris. Può colpirti da due chilometri con un tiro perfetto o presentarsi alla porta di casa, e in una giornata come tante mettere fine al tuo presente, al tuo futuro. Il Male è la Guerra. È la guerra che ci portiamo dentro e che, a volte, purtroppo esplode anche fuori. Da vedere e rivedere.

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Simona Cartia

Simona Cartia

Nata a Siracusa, frequento il terzo anno di Giurisprudenza @Unibo. Perseguitata dalla noia di una vita ordinaria, mi rifugio nel frenetico mondo del cinema e della serie tv.

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