Appuntamenti, visite guidate a noi stessi, il futuro dietro l’angolo, il prezzo delle cose, l’amicizia più duratura, i soldi, la musica preferita, il posto che chiamiamo casa. Eppure, tra tutte queste offerte necessarie, l’umanità è ancora seduta a girarsi i pollici davanti al mistero dell’amore. Parlarne equivale ad aprire la pagina più scontata della storia, macchiata di clichè tanto banali quanto assoluti. Il desiderio di renderlo un concetto aulico, un’emozione lontana dalla propria carne e la contemporanea tentazione di rapportarlo solo a quello vissuto. Forse per parlarne si deve necessariamente essere così: intrisi fino al collo di se stessi e della propria inutile esperienza.
Chi lo ha narrato o spiegato, lo ha fatto a suo modo. Partendo da una domanda, da uno scompartimento, solo da una lato o da un unico punto di vista della grande facciata.

Si può amare per corrispondenza? Tornatore parte da qui e ci pone senza mezzi termini la domanda. Probabilmente non gliene importa molto della risposta, che rimarrà personale, segreta, sconosciuta. Ma è tale il valore del suo dubbio che, a prescindere dalle conseguenze che instillerà in ognuno, decide di impiantarci sopra il suo nuovo film. Una storia combattuta tra il peso dell’irrealtà e quello della consistenza. Una studentessa di astrofisica dagli occhi verdi, e un professore universitario con la voce rarefatta quasi quanto questo amore.

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Lei impacciata quanto il dolore di una vita di cui le sfugge la logica, lui complesso quanto le stelle che studia e che insegna. Una felicità poco afferrabile che scorre sullo spartito di un gioco di sguardi. La loro è però una comunicazione quasi unicamente virtuale, non sanno uscire dall’irrealtà. Perché il mondo vero non potrebbe capire e perché il mondo vero non esiste. Si saranno visti poche volte in tutto, poi solo Skype, whatsapp e altri mezzi velati rispetto alla vita cruda e concreta. Una storia che poggia tutti i suoi mattoni sulle fondamenta di una passione che non si può toccare dal vivo, perché non c’è incontro, perché non c’è un appuntamento.

Chiudo la cerniera del percorso sentimentale del film perché non è su questo oggetto che si concentra la mia attenzione e perché lo superficializzerei deviandolo verso un altro discorso, non prestandogli la giusta attenzione narrativa e di significato. Piuttosto, il film stesso apre spazio alla domanda generale e collettiva di un più grande interrogativo interiore: si può amare così, per corrispondenza? È un amore vero o è solo la proiezione di un amore più comodo, che non deve combattere con la noia della realtà e con la paura del dolore vero? Gli amori virtuali, quindi.
Uomini e donne, che, ogni giorno tessono, a loro modo, le fila di una quotidianità spezzata, ma ininterrotta. Lui vive a Breslavia, lei a Roma, lui a Milano, lei a San Francisco. Lui vive nella stessa città di lei, lei vive nella stessa città di lui, ma si costruiscono tra di loro milioni di altre città invisibili che frappongono incroci, semafori e altre coincidenze alla possibilità di incontrarsi realmente. Questi sono solo esempi di come anche la vicinanza o la distanza, dopo internet, siano diventate delle misure assolutamente relative dentro cui far entrare o uscire le proporzioni e i sentimenti di ogni cosa che vogliamo. Videochiamarsi all’ora di cena, chattare tra una pausa e un altro inizio, scambiarsi i segnali non sempre decifrabili di giornate che si consumano per ognuno in un altro spazio.
Abbiamo collezioni di nuovi modi per sentirci in maniera più o meno profonda, e spesso li scegliamo con o senza la coscienza della lunghezza dei fili che ci porteranno addosso queste relazioni.
La protagonista del film, aggrappata soltanto a filmati, registrazioni, e ad altri particolari privi di consistenza plastica, sente, dentro di lei, la stessa forza di un sentimento che anche senza azioni ha in sé il peso specifico di una cosa vera.
Incontrarsi su internet è possibile, mantenere vivo un incontro su internet è possibile. Ma è amore, connessione, affinità, tempesta o cos’ altro?

Se decido di raccontare la mia vita a qualcuno di fisicamente assente nella mia, compio un atto di coraggio o sto nascondendomi invece di fronte alla trasparenza di chi ho di vero di fianco a me?
Se apprendo dal dialogo che si instaura con l’altro le coordinate dei suoi modi di fare, di essere, di concepire e di esistere in genere, sto conoscendo il vero o solo un perimetro limitatissimo di quella che è la sua persona? Ci stiamo sperimentando reciprocamente o stiamo dando alla luce solo le parti di noi più convenienti, lasciando nel buio quello che non vogliamo mostrare? Ci stiamo innamorando sul serio o no?
Dipende. Questa è la risposta universale.
La mia invece è che Sì, è possibile. Su internet è possibile incontrare l’amore. Ma è anche possibile incontrare il “nonamore”. Come in tutti i posti e le occasioni dove dobbiamo mettere in gioco noi stessi. Proprio perché la rete è diventato un posto della vita come un altro, è diventata anche un’opportunità come tutte le altre, meno romantica di una stazione dove prendere lo stesso treno dello sconosciuto che abbiamo accanto, ma non meno reale di una piazza, di una strada o di una conversazione casuale nata dentro una lavanderia a gettoni.
Amare è sicuramente la complessità più grande, indipendentemente dal luogo della vita in cui avvenga. Ma dobbiamo mettere in conto che in un momento di così frenetica trasformazione della forma di tutte le cose apparenti, ci possa accadere addirittura più facilmente di saperci specchiare in un altro distante che abbia i nostri stessi filtri di comunicazione che in un altro, fisicamente vicino, ma spoglio di quella libertà di immaginare e di essere che circonda tutti i nostri incontri virtuali.

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Alessandra Arini

Alessandra Arini

Vengo da Trapani, vivo a Bologna, ma vorrei stare a Roma. Studio giurisprudenza, sogno di trasferirmi alla facoltà di Lettere, ma il mio vero desiderio è essere una studentessa di Filosofia. Improvvisatrice professionale di articoli di tuttologia, ma anche appassionata stravagante di poesia e di altri dilemmi. Insomma, una contraddizione vivente che spera di dilettarvi con i suoi pensieri sul mondo e sul corso delle cose.

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