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Un’impresa quasi impossibile, sovrumana direbbero, quella di ricreare sul grande schermo lo scontro epico tra i due supereroi (probabilmente)più famosi ed amati della storia dei fumetti, Batman e Superman. Laddove uno è un “semplice” essere umano senza particolari poteri, ma dotato di una forza fisica fuori dal comune e di una quantità di mezzi e denaro assai spropositati, l’altro è un alieno proveniente da un mondo lontano, un essere perfetto dall’apparente indistruttibilità.
Il regista Zack Snyder, armato di ambizione ed eccessiva spavalderia, si getta a capofitto in un progetto disastroso e confusionario che ricalca in parte gli eccessi e gli errori del suo precedente Man Of Steel.
Bruce Wayne e Clark Kent, due facce della stessa medaglia, il buio e la luce o la notte e il giorno, sono l’ambivalenza perfetta che riassume l’essenza di questi due personaggi, così simili ma estremamente diversi.
Entrambi votati alla stessa causa: assicurare la giustizia in un mondo violento e criminale.
Entrambi, però, sono altrettanto differenti nel modo di agire, nei mezzi a disposizione e nella concezione di ciò che sia giusto o sbagliato. Due persone buone e altruiste che in un mondo come quello in cui vivono – che ricalca quello attuale – finiscono per gettare scompiglio tra le folle, arrivando a figurare essi stessi come i veri responsabili dei crimini che cercano di sradicare. A ciò si aggiunge la visione del superuomo elevato a figura divina, il messia arrivato sulla Terra per proteggerla dai suoi peccati. Un Superman non preparato a svolgere il ruolo di estremo salvatore dell’umanità che vede il suo potere come un peso ingombrante. Sul lato oscuro del mondo vige, invece, la figura dell’uomo pipistrello, il (super)eroe che fa giustizia da sé, mettendo in discussione il ruolo stesso che quest’ultima ha nella società contemporanea.
Presupposti interessanti che stanno alla base del film, ma che Snyder e compagni mettono in scena con risultati alquanto discutibili.
Batman V Superman: Dawn Of Justice – e lo si evince già dalla V del titolo rimaneggiata poco prima dell’uscita nelle sale – è un film tronfio e confusionario in cui la regia caotica del vanitoso Snyder si amalgama in malo modo a una scrittura desolante, condita da dialoghi al limite del ridicolo e svolgimenti narrativi privi di qualsiasi motivazione logica. Il regista di Man Of Steel strizza l’occhio ai Batman di Christopher Nolan, qui in veste di produttore esecutivo, non riuscendo però a conferire la giusta dose di credibilità alla storia.
Ma se la trilogia de Il Cavaliere Oscuro ben si inseriva in un contesto più terreno e umano, aiutata dal realismo di fondo di un supereroe che di supereroistico ha solo i soldi, il film di Snyder pecca nella presunzione di voler emulare a tutti i costi una poetica registica che proprio non gli appartiene. Ciò che ne consegue è una completa indisponibilità da parte di chi osserva nel riuscire a prendere sul serio l’interminabile illogicità dell’opera che finisce per diventare una mera ridicolarizzazione dei due supereroi.
Nella prima parte del film, lunga e decisamente noiosa, si sviscerano in maniera dozzinale le psicologie dei personaggi con tanto di intermezzi onirici e visioni allucinate nelle quali si fatica a capire quali siano i reali intenti del regista.
Una trama pressoché sconclusionata, infarcita di buchi logici in cui personaggi piatti e privi di utilità vengono piazzati a casaccio recitando le parti peggiori dei deliri di Chris Terrio e David Goyer, sceneggiatori della pellicola.
La seconda parte, più dedita all’azione, è la prova di come la perseveranza di Snyder verso i propri errori sia quanto di più fastidioso e patetico ci possa essere. Chi sperava che avrebbe aggiustato i problemi del film precedente si sbaglia di grosso: la sequenza del combattimento finale è la dimostrazione che questo film è un vero disastro. Di certo non bastano le splendide musiche di Hans Zimmer, né la riuscita interpretazione di Ben Affleck (ottimo come Bruce Wayne, ma discutibile come Batman) a salvare questa pellicola dal baratro.
Un prodotto degno dei peggiori film sfornati dalla Asylum che offre spunti interessanti solo se visto sotto l’ottica della comicità o della semplice trashata – che potenzialmente è – capace di strappare abbondanti risate a chi osserva, incredulo questo scempio.

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Alberto Nisi

Alberto Nisi

Bergamasco di nascita ma non di tradizioni, troppo incline al cambiamento e alla curiosità per le cose nuove. Studio lingue e ho scelto Bologna per il suo enorme potenziale, il suo fascino e le sue possibilità. Sono un assiduo lettore ma vivo per la musica e per il cinema, che sono le mie vere “malattie”. Sogno di scrivere, di suonare in pubblico o di entrare nell'entourage di un film, ma c'è ancora molta strada da fare.
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