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L’allegria è uno di quei sentimenti che sperimentiamo nelle situazioni più inaspettate e che rischiamo spesso di precluderci per colpa di piccole sciocchezze: paranoie, un evento fastidioso, una preoccupazione precoce. Come ritrovare un po’ di spensieratezza nascosta sotto il mantello dei pensieri negativi? Io ho scelto la medicina dei Tre Allegri Ragazzi Morti, l’altra sera in concerto all’Estragon di Bologna.

INDICAZIONI: La band nasce nel 1994 nella città di Pordenone. Il nome prende spunto dal fumetto Cinque allegri ragazzi morti di Davide Toffolo, che oltre a essere il cantante è anche un acclamato fumettista italiano. Nel 2000 inoltre il bassista Enrico Molteni fonda l’etichetta discografica La Tempesta, collettivo di musicisti indipendenti. Dopo una lunga carriera e la sperimentazione di tanti generi musicali (punk, rock, reggae, dub, swing) arrivano a presentare il loro ultimo abum Inumani.
COMPOSIZIONE: Davide Toffolo (chitarra e voce); Enrico Molteni (basso); Luca Masseroni (batteria e voce). In questo tour: Andrea Maglia (chitarra); Adriano Viterbini (chitarra, Bud Spencer Blues Explosion).
INDICAZIONI TERAPEUTICHE: Essere morti dentro e allo stesso tempo rallegrarsi di questo è un ossimoro possibile se si ascoltano i TARM.
AVVERTENZE E CONTROINDICAZIONI: Non potrete adeguarvi a nessun genere musicale, perchè dopo aver collaborato con Jovanotti di sicuro li hanno sperimentati tutti! Sì, sembra strano ma c’è gente che poga anche in brani tranquilli come Di che cosa parla veramente una canzone.
DOSI CONSIGLIATE: No ok, i cd sono troppi da elencare. Vi basti sapere che nel complesso sono undici e che l’ultimo album in studio è Il giardino dei fantasmi (2012, La Tempesta Dischi).
MODALITA’ D’USO: Direi che il catalogo sia piuttosto vasto, basta scegliere a piacimento musica e parole.

Eccoci all’Estragon di Bologna: verso le nove il locale è gia piuttosto pieno e si è già formata la calca sotto palco. Ad aprire il concerto sono i Honeybird & the Monas, mentre verso le dieci arrivano i Tre Allegri Ragazzi Morti. Il gruppo presenta l’ultimo album Inumani pubblicato lo scorso marzo. L’idea di fondo sta nel rendersi conto del ricambio generazionale: “Questo è un momento di passaggio: la tecnologia ci sta trasformando. Non siamo più umani. Non come lo eravamo” dice lo stesso Davide Toffolo in un’intervista su Repubblica. Ma il disegno complessivo del disco non appare così omogeneo come altri album – Primitivi del futuro – è un insieme di suoni vecchi e nuovi senza un preciso filo conduttore, ma con vari picchi e discese in mezzo a testi tipici dei TARM ed altri in collaborazione con vari artisti del panorama italiano (ad esempio Jovanotti o Pietro Alosi del Pan del Diavolo).
Il concerto inizia con la lenta ballata di A un passo dalla luna, forse il pianeta preferito del songwriter dato che compare regolarmente in molti suoi brani. Le chitarre sferzano di rock nella successiva La più forte. Si susseguono altri quattro pezzi dell’ultimo album che dopotutto stanno presentando nel loro tour: Libera è sicuramente una delle migliore canzoni, un brano quasi funky-soul scritto per loro da Vasco Brondi de Le luci della centrale elettrica. Con un inizio un po’ fastidiosamente pop ma un finale più soddisfacente, Persi nel telefono sembra ricordare le premonizioni del cantante sull’uomo sempre più “inumano” a causa della tecnologia e di una società in continuo cambiamento. “Prima erano in cinque a scrivere canzoni che cantavan tutti/adesso tutti quanti scrivono canzoni che qualcuno canterà” dice il testo, ma il giudizio personale sembra soffermarsi su un ambiguo ottimismo, perché cambiamento non vuol dire per forza peggioramento. Arriva C’era una volta ed era bella, una ballata forse un po’ troppo smielata seppur nelle corde del gruppo: non che quest’ultimo non abbia mai trattato d’amore, tutt’altro, ma se si sente l’ultimo cd tutto di seguito sembra quasi che la band abbia strizzato l’occhiolino a quella parte del suo auditorio femminile più propiamente “pop”. Si passa a Ruggero (forse la seconda canzone migliore dell’album) e a sonorità più tipiche dei TARM di una volta. E’ qua che appare evidente il confronto con le generazioni passate: “E poi si guarda le mani/tutto è cambiato/quanti anni son passati/che gli vien da ridere“.
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Con il passato infatti devono ormai avere a che fare, perché per ora il pubblico si è divertito ma non scatenato così tanto come nel momento in cui compaiono le vecchie canzoni Quasi adatti, Il principe in bicicletta e la famosissima Occhi bassi. In seguito, è un piacere sentire La poesia e la merce e le sue parole colorate di anticonsumismo: “E sempre allegri bisogna stare/anche se si può solo comperare/la liberà non si compera/ma la possiamo cantare“. Si passa da un’acustica Ogni adolescenza per poi sfociare nel reggae di Puoi dirlo a tutti. Simili sonorità d’oltreoceano proseguono in La faccia della luna (che torna anche qui) e in due brani dell’ultimo album: E invece niente, scritta in collaborazione con la cantante Maria Antonietta e In questa grande città (la prima cumbia), primo singolo e discusso feautring con Jovanotti. Si ritorna al penultimo disco con I cacciatori (in versione semi acustica) e La via di casa.
All’arrivo di I miei occhi brillano non resisto più e mi butto nella mischia per pogare un po’. Il gruppo esce dal palco e il pubblico lo acclama. Non tutti sanno dei giochi di botta e risposta che avvengono col cantate in ogni loro concerto, così dopo qualche tira e molla di ringraziamenti e offese, la band ci concede un encore.
Si ritorna più carichi che mai anche grazie ai virtuosismi di Adriano Viterbini, membro dei Bud Spencer Blues Explosion, a mio parere uno dei più bravi chitarristi italiani. Ed ecco il ritornello di La mia vita senza te accompagnato dalle note favolistiche di Alle anime perse. Si torna a saltare e urlare con le canzoni Voglio e con la tanto acclamata Il mondo prima. Di che cosa parla veramente una canzone è il tema di tanti testi condivisi con il pubblico, una ballata tanto allegra quanto malinconica così come la politica della band, sempre propositiva verso il futuro e sempre debitrice del suo passato. Ma non si può non terminare con il motivetto de La tatuata bella, cantato all’unisono senza strumenti con la parte del pubblico che la conosce.
Il concerto è terminato. Davide Toffolo ringrazia i loro fan vecchi e nuovi: “E’ grazie a gente come voi che in questi anni abbiamo potuto suonare! Siete la meglio gioventù!“. Sicuramente non è una casualità quella citazione del suo adorato Pasolini. E sicuramente non è neanche un caso che, nel pullman di ritorno a casa, mi accorgo di essere decisamente molto più allegro di prima.

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Ariele Di Mario

Ariele Di Mario

Nato vicino Roma, emigrato in Umbria, ora arrivato a Bologna per studiare Lettere Moderne. Nei vagheggiamenti di un lavoro sogna di fare qualcosa legato alle sue due maggiori passioni, la musica e la scrittura. Fosse per lui spenderebbe soldi unicamente per libri e concerti. Crede fermamente che ogni persona abbia una storia di vita da raccontare.

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