image
Vi piacerebbe se tutto si fermasse in un istante senza tempo, in una stasi perenne su cui aleggia solo il suono sacro del silenzio? Se si usassero gli insegnamenti tradizionali e ben rodati e, a furia di mescerli insieme con l’estro creativo, vedesse la luce l’innovazione? Se le cose più semplici fossero, in realtà, quelle più enigmatiche ?
La semplicità è l’incanto” diceva Claude Monet.
Incanto è il termine che racchiude la pittura di De Chirico, padre della Metafisica. Nella Metafisica, tutto ciò che sembra reale ad una prima impressione, si rivela non essere così: la luce, i colori sono irreali, la prospettiva è deformata.
De Chirico rappresenta la normalità in un ambiente in cui non domina la normalità: per questo la dimensione cittadina sembra immersa in un alone di indissolubile sacralità. L’artista ci sta dicendo che la realtà che noi vediamo è influenzata da ciò che crediamo, dalla nostra soggettività. Che la realtà non è una realtà, bensì un ventaglio di realtà che si presentano a noi. È un andare oltre, un fieri, un divenire, e banalmente – o forse non troppo – potremmo dire che non è mai ferma alla nostra prima impressione.
La pittura di De Chirico è una pittura dell’inconscio, del sogno. L’occhio, complice la prospettiva, non sta fermo: indaga, cerca, assembla elementi tra loro, vuole una soluzione e questa ricerca lo spinge ad andare oltre. In De Chirico, però, non c’è solo questo: un altro grande tema è la solitudine, quella delle statue recuperate dall’antichità classica, ma soprattutto quella dell’ uomo che ricerca, s’interroga, decide di rompere il muro delle certezze o, meglio, dei parallelepipedi santificati della matematica.
Gli oggetti revocano i desideri sepolti; i dolci – ebraici – che egli raffigura, non sono per i mortali, bensì per un convivio tra immortali.
Per de Chirico si parla di solitudine dei segni, anche, e ciò significa togliere alle immagini delle cose i riferimenti abituali, generando nuove associazioni e significati.
image
Mi piace pensare a De Chirico come ad un uomo a tratti disincantato, a tratti stupito dall’assenza di logica che domina il mondo. C’è da capirlo: siamo in piena prima guerra mondiale, da lui definita per quello che è: una pazzia.
Quello stupore, quella ricerca dell’alterità, ci accompagna per tutta la mostra, per ogni singolo quadro esposto a Ferrara, nel Palazzo dei Diamanti. Ferrara, che poi è la città che De Chirico più ama, definita da lui “la città della Metafisica” e presente in quasi ogni opera. Ferrara, che fa da sfondo alla sua nostalgia, intesa nel senso greco del termine ovvero ‘sofferenza che nasce dal desiderio del ritorno’.
Io sono ritornata a Bologna con in mente l’eterna domanda senza risposta dell’esistenza:
cosa siamo davvero? Uomini resi privi di emozioni a causa della meccanicità della vita, come ci rappresenta De Chirico?
Chissà se poi, a questa domanda, agli sgoccioli della sua vita, l’artista abbia trovato una risposta.

The following two tabs change content below.
Ivana Matarazzo

Ivana Matarazzo

Mi chiamo Ivana e studio Lettere Classiche. Sono una sognatrice con i piedi ben piantati per terra e la testa per aria, un'ottimista per natura e per necessità, una persona tanto sensibile quanto permalosa. Amo leggere, scrivere, osservare, viaggiare per un mondo reale e fantastico, recitare; amo i gatti, l'arte, la letteratura, il cinema, la fotografia; amo le persone schiette, oneste, imprevedibili, determinate e solari; amo le domande fatte al momento giusto e i silenzi, quando le parole non servono.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Comment *