L'UNIversiTÀ

Alessandra Arini

Vengo da Trapani, vivo a Bologna, ma vorrei stare a Roma. Studio giurisprudenza, sogno di trasferirmi alla facoltà di Lettere, ma il mio vero desiderio è essere una studentessa di Filosofia. Improvvisatrice professionale di articoli di tuttologia, ma anche appassionata stravagante di poesia e di altri dilemmi. Insomma, una contraddizione vivente che spera di dilettarvi con i suoi pensieri sul mondo e sul corso delle cose.

Quando uno studente di Bologna cambia casa: resoconto emozionale di un trasloco tipo.

Cosa vuol dire cambiare casa per uno studente? Io ne  ho cambiate tre, anzi, quattro. E poche ore mi dividono dal prossimo trasloco. Troppo piccole, troppo grandi. Troppo lontane, troppo vicine. Alcune con le finestre della camera che davano sulla strada, altre sul cortile interno. Eh sì, perché questo è un particolare importante. Per chi vuole dormire. Ma chi vuole dormire? Piano terzo, primo piano. Che nome c’è scritto sul campanello? No, non suonare, che ti apro io. Senza ascensore. Solo per correre su e giù per le scale. I contratti con le pareti da imbiancare quando si va via. Noi che abbiamo scritto sulla parete della cucina perfino il testamento morale che vogliamo lasciare al gatto. No, animali no. Erasmus si, li prendiamo. A patto che stiano minimo 6 mesi.

 

Ogni casa, piccola o grande che sia, diventa l’unico pezzo di mondo possibile dentro il mondo più grande di Bologna. E impariamo a viverla come tale. Come un nascondiglio o come una prigione. Come una grande comune comunista o come un salotto finto borghese dove preparare l’aperitivo per gli amici. E indipendentemente da come l’’abbiamo vissuta, trattata o maltrattata, lasciarla è come lasciarci. È come lasciare la ragazza, è fare gli scatoloni e metterci  i propri souvenir emotivi, provando a tracciare le fila di quanto siamo stati noi dentro quell’anno. I poster di un concerto che abbiamo visto all’Unipol , i biglietti di un film in bianco e nero che davano alla Cineteca,  e anche quelli di quando siamo andati a Venezia, una sera, con l’intercity notturno, per fare una cosa diversa. Le foto in serie che ci siamo fatti con la polaroid dell’amico pseudo-fotografo  che abbiamo. Tutti ne abbiamo uno. Una copia dell’Internazionale. Una copia del nostro ego intellettuale.

E poi i coinquilini, quelli che lasciamo nella casa da cui andiamo via, e quelli che portiamo con noi, in un’altra casa o solo nei ricordi. Compagni funambolici di giornate tra l’ordinario e lo straordinario. Veri conoscitori della nostra personalità domestica.  Gli unici a sapere nell’autentico come reagiamo di fronte all’ubriachezza, e di quanto, proprio nelle occasioni più disparate, i nostri discorsi possano mostrarsi così versatili da abbracciare sia riflessioni oniriche sull’amore che sulla crisi economica greca.  Empatici, o poco simpatici, di sicuro  testimoni oculari dei nostri sbalzi umorali, gli unici a sapere la velocità dei momenti che separano la nostra iperattività dalla nostra fragilità.

Insomma, cambiare casa non è come cambiare stanza d’albergo. Lo si fa spesso, sì. Ma ogni casa è un racconto a parte. Un libro con il suo alfabeto, la sua routine. Ti affacci dalla tua finestra e devi ogni giorno ricordarti e ri-innamorarti delle ragioni che ti fanno essere in un posto che non è il tuo. E avere appesa nella stanza la custodia del disco autografato di un gruppo che sei andato a sentire al Bolognetti, ti aiuta a rintracciare i momenti in cui sei cambiato e in cui hai dato peso al tuo cambiamento. Sei arrivato a Bologna che eri diverso, con la tua visione delle cose, con il sogno di scene  immaginarie che poi non sono accadute e con altre che ti sono successe mentre eri impegnato a vivere un’altra cosa ancora. E in ogni casa in cui sei andato a vivere, hai potuto dare un indirizzo alla tua voglia di rivoluzione e un numero civico diverso al tuo bisogno di essere solo te stesso.

Auguri, per i vostri pacchi. E per tutti gli scatoli dove imballerete il prezzo delle cose che avete amato, odiato, non capito, o soltanto troppo vissuto.

Alessandra ariniBike-&-arcade

APRIRE LA MENTE: ERASMUS AD AMSTERDAM

Se esiste un tema sul quale si può sempre saccheggiare senza criterio nell’infinità di luoghi comuni che gli sono stati appiccicati addosso, sul quale si può imbastire una conversazione senza alcuna preoccupazione di non dover sembrare troppo prevedibili, e sul quale le domande poste si susseguono più monotone della sinfonia di un allarme antifurto, quello è l’Erasmus. Se poi esiste un luogo sulla terra che a tutto ciò tanto più si presta, quello è sicuramente Amsterdam. E’ quindi facilmente immaginabile quale sia stata l’entità delle domande che ho sentito più frequentemente rivolgermi al termine dei sette mesi trascorsi nella capitale olandese. A chi semplicemente si limitava ad alludere con fare ammiccante alla vita notturna della città, si affiancava una folta schiera di persone entusiaste che non sapevano trattenersi dal comunicarmi la loro invidia per la possibilità che avevo avuto di vivere in un Paese dove la droga leggera è legale. A ciò sostanzialmente si riduceva la curiosità della maggior parte della gente sul mio periodo da exchange student. Più tentavo di condividere le mie vedute nuove di zecca, come può averle solo chi fa ritorno da un lungo viaggio, più mi rendevo conto di come ogni dialogo qui in Italia sulla mia esperienza all’estero fosse reso sterile dalle caratteristiche che rendono immensamente popolare l’Erasmus e la città in cui ho scelto di andare a studiare.

Decidere dove si desidera vivere significa forse capire come si ha bisogno di vivere, stabilire di cosa si ha bisogno per essere ciò che si vuole davvero. Non importa se tale decisione influenzerà tutta la tua vita o solo un semestre accademico. Che poi l’una eventualità potrebbe essere conseguenza dell’altra. Nel mio caso lo è stata. Ma di certo non perchè ad Amsterdam puoi sollazzarti nei coffeshop o perchè non hanno un corrispondente della nostra legge Merlin. O almeno, non solo. Essendomi ambientata fin da subito in una città così fiabesca coi suoi canali, inaspettatamente accogliente per la sua gente e pittoresca per le tradizioni a dir poco inusuali per molte altre nazioni europee, ho avuto modo di cogliere dopo pochissimo tempo dal mio arrivo delle differenze abissali tra quello che pensavo da italiana e quello che in Olanda mi sono spontaneamente ritrovata a pensare, io, sempre la stessa persona partita dalla Sicilia credendomi chissà quanto ‘open-minded’, chissà quanto lontana dall’essere ‘judgmental’. Non sto parlando del luogo comuneamsterdam-rosse-buurt

secondo cui “in Nord Europa sono tutti più civili”, quasi come se si potesse stabilire dove sia ubicato il paradiso sulla Terra. E non sono nemmeno una simpatizzante degli italiani con tendenze ad autorappresentazioni miserabili. Ma c’è del vero nella diffusa opinione secondo cui noi italiani ad oggi abbiamo intossicato alcuni concetti, travisato degli altri e mantenuto in vita valori che andavano accantonati senza remore, o perlomeno affiancati da nuove idee. Ancora noi italiani riusciamo ad idolatrare la parola ‘meritocrazia’, andando in brodo di giuggiole per un concetto che genera solo una degradante competizione col collega basata anche su tentativi di mettere in cattiva luce gli altri per poter apparire più brillanti e meritevoli. Non a caso in Olanda questo criterio selettivo fonte di una disumana competitività (persino tra giovani studenti) è stato da tempo rimpiazzato col ben più democratico concetto di ‘cooperazione’, che già di per sé è inclusivo e non genera alcun tipo di discriminazioni, né alcun sentimento di inadeguatezza nell’essere umano che si trova costretto a dover ingaggiare una gara con i suoi concittadini, piuttosto che a condividere vissuti ed esperienze come dovrebbe essere naturale in un paese con una granitica identità nazionale. Anche in Olanda si viene ‘giudicati’ con un voto durante le prove di esame, ma le prove stesse sono suscettibili di una personalizzazione tale che ogni individuo, impegnandosi, può dare il meglio delle proprie uniche e inconfrontabili capacità. In tal modo la selezione non avviene basandosi su un numero sterile e privo di qualsiasi contenuto informativo sulle vere abilità di ciascuno, ma sulla reale ricerca del settore che più fa per te e delle modalità di espressione delle idee che più si adeguano al modo di essere di ciascuno. Ed è proprio per questo che ad Amsterdam la gente ti incrocia sorridendo in ogni caso. A questa estrema valorizzazione dei talenti si accompagna in maniera quasi obbligata già da decenni un disprezzo diffuso per la gerontocrazia, fenomeno dal quale purtroppo in Italia solo recentemente stiamo cercando di liberarci. La nostra tendenza a rimanere irrimediabilmente affezionati ad idee antiquate ho potuto ravvisarla in maniera evidentissima anche nel concetto di immigrazione: altro termine che nel Belpaese viene affiancato in maniera ormai naturale ed assodata alla parola ‘problema’. Ad Amsterdam invece, la città più internazionale del mondo con le sue 176 nazionalità presenti tra i canali, è scontato che non si debba più parlare di ‘integrazione’ come se si trattasse di un corpo estraneo all’interno di un organismo, ma di ‘risorsa’, come si fa quando si parla di una ricchezza da sfruttare in tutte le sue potenzialità. Non sono mai stata una fan di atteggiamenti a tutti i costi denigratori verso il proprio Paese, e sono stata immensamente felice di constatare come nel mondo tutti adorino l’Italia per fortuna molto più di quanto non facciano gli italiani. Ma la sensazione di immobilismo e di repulsione per la novità che si percepisce nella vita pubblica qui in Italia è anche il risultato spaventoso di un adagiarsi di tutti noi studenti e cittadini su idee preconfezionate, che un’esperienza all’estero ti consente di ‘spacchettare’ dalla loro consueta rappresentazione. Se è vero, come insegna Camus, che “il ruolo degli studiosi è quello di chiarire le definizioni allo scopo di disintossicare le menti”, è una responsabilità ineludibile per ogni studente italiano che abbia l’opportunità di poter volgere il suo sguardo altrove cercare di capire come i concetti vengano riempiti di un significato diverso in un posto che non è casa. Poco importa se la definizione in questione ti venga spiegata in un inglese semplificato per italiani, in olandese o mimata a gesti. Ciò che conta è che una volta tornati in patria si possa tentare di sgombrare i dibattiti e le stesse semplici conversazioni dai luoghi comuni che le affollano. Ciò che più importa è approfittare del fatto che in Erasmus puoi davvero sperimentare la magia degli incontri con persone e idee diverse e diventare duttile all’accoglimento di pensieri nuovi, funzionali ad uno svecchiamento del nostro Paese.

AGOSTINA PIRRELLO.

Confessioni di un posto.

Il mio rapporto con Bologna è troppo strano per rischiare di essere definito amore. No ha nemmeno nulla a che vedere con la gelosia, o con la paura di perdersi. La amo da morire quando mi mostra senza presunzione di avere più esperienza di me, quando mi fa capire che è inutile che creda vanamente di conoscere tutti le sue chiavi o i suoi segreti, perché ci sarà sempre un angolo che mi ha nascosto o che ha voluto rubare alla mia memoria. E poi la odio da pazzi quando mi sembra piccola, stretta, affollata dalla vita degli altri, senza una forma precisa, senza un potere esplicito di dare misura alle cose.  Ma nel bel mezzo di questa lotta  senza ragioni,  ci sono  posti che più di altri mi danno il senso pratico di una sintesi essenziale. Via Borgonuovo numero 4 è uno di questi.

Ci nacque Pasolini in una sera di Marzo.  Doveva fare molto freddo o ne doveva fare molto poco. Ma ci sarà stato di sicuro un “molto” nell ‘ aria, una dose di qualcosa di prepotentemente imponente.  Pasolini non so bene chi fosse.  Ho letto i suoi libri, ho visto i suoi film, ma mi sfugge la verità di chi potesse essere.  Ed ogni volta che credo di essere arrivata ad una chiave di interpretazione più preziosa, ecco che scappa nuovamente, ecco che si contraddicono le credenze di chi pensavo fosse e che mi giungono nuove le  conclusioni di chi forse, in realtà, era.  Pasolini “non conclude”. Pirandello avrebbe detto che “la vita non conclude”, perché è libera, spoglia di qualsiasi conclusione logica che possa associare alle fini o agli inizi dei significati condivisi. E Paolini era un po’  anche questo. Non era straordinario  solo nello scrivere, prosa o poesia, era tremendamente se stesso  anche nello scrivere film, era bravo quindi ad essere artista senza un confine preciso.  Era bravo, in altre parole, ad esprimerci il suo tormento. Inutile negare, infatti, che il suo talento avesse a che fare con la sua malinconia, con la sua smania di stare al mondo senza dover perdersi niente.  E ogni sera, passando da Borgonuovo 4, sento le confessioni di un posto che ha come ereditato, nel silenzio, qualcosa da dirci.

Mi immagino  Pasolini ritornarci a casa la sera, o uscire presto la mattina.  Però, non me lo immagino come Pasolini. Me lo immagino come Pierpaolo. Senza cognome, senza l’importanza e l’invadenza che ti dà il mondo quanto ti osserva come personaggio e non ti intravede come persona. Me lo immagino seduto sull’uscio della porta, a vent’anni,  con in bocca una sigaretta oppure una penna, a raccogliere le sensazioni di un giorno che era passato in una città piena di contraddizioni. Oppure affacciato alla finestra a vedere la gente passare e a capire che il primo film lo avrebbe voluto fare sugli ultimi, su quelli che camminano un po’ più defilati sul marciapiede e su cui raramente si posa la macchina da presa. Me lo immagino fissare intensamente questo portone nei momenti di critica nei suoi confronti più intensa  e chiedersi quali siano state le ragioni e le origini del suo essere così com’ era, chiedersi , in fondo, a quale indirizzo fosse nata  la sua intolleranza verso i luoghi comuni del potere e verso tutte le bugie delle persone.

So che poi Pierpaolo si trasferì a Roma e che Bologna divenne un ricordo, ma per me, rimane incastrato in quel pezzo di strada un suo tracciato di destino fondamentale. Via Borgonuovo numero 4 assomiglierà per sempre a quei caffè letterari a cielo aperto in cui gli intellettuali e i non intellettuali si scambiano impressioni silenziose su come va la città, su quanto è bello o meno un libro, o sul valore di un poeta che sta nascendo. Ma via Borgonuovo numero 4 è un ottimo posto anche per passeggiarci con un amico, per farsi due chiacchiere su come si può crescere, su quanto ci si debba  a volte misurare con la trasformazione di tutte le cose che ritenevamo importanti.

Questa è la confessione di un posto.  Di un angolo che consiglio a tutti gli artisti e a quelli che ancora non sanno di esserlo. Perché ci sono luoghi che hanno da parlarci più delle biografie dei poeti, e perché, ci sono artisti, come Pasolini, che hanno lasciato aforismi e sentenze più negli angoli invisibili dei posti che hanno vissuto che in tutto il resto.NoteVerticali.it_PierPaoloPasolini_5

L’oroscopo dello studente

 

 

Ariete:  ilariete vostro solito iperattivismo post sessione invernale vi sta spingendo in un tunnel senza fondo. E  l’espressione “senza fondo” assume toni meno allegorici e più concreti se la riconducete allo stessa “senza fondo” delle bottiglie che vi scolate su Petroni il giovedì sera.  Tuttavia, a differenza di altri segni, più radicalmente lascivi, la vostra determinazione vi soccorrerà al novantesimo agli inizi di maggio. Quindi, per farla breve: potete continuare a spassarvela ancora per un                                   po’. Che fighi che siete, cavolo.

Toro: segno torouniversalmente riconosciuto come lungimirante, ci si aspetterebbe da voi un certo contengo. Questa primavera vi sta entrando nella camicia, nei vestiti, dappertutto. Sentite aria di libertà.  Consumatela però. Insomma, non la usate per gironzolare sempre negli stessi posti. Via Zamboni è un posto piccolo rispetto al mondo. Viaggiate. Se necessario, fatelo anche dentro voi stessi. Ma viaggiate, cazzo.

gemelliGemelli: segno speculare, segno della falsità. Almeno così dicono gli oroscopi meno credibili di “L’oroscopo dello studente”. Al contrario, noi crediamo, che la categoria dei gemelli, in questo post sessione, si divida in due sottocategorie:  quelli che dicono “no, rega, cioè anche se è ancora prestino, io comincio ad andare a sottolineare in biblio”,  e quelli che usano invece uno stile da bomber d’altri tempi “ rega, dopo il 25 Aprile inizio a dare n’occhiata”.         Ecco, gemelli, siate più coerenti: unitevi in un’unica grande categoria  gemellare “rega, dal 25 Aprile tutti in biblio a rimorchiare duro”.

cancroCancro: inutile negarlo, siete i più invidiati dello zodiaco. Non perché siate belli. Ma perché siete artistici. Pittori, potenziali scrittori, o semplicemente rapinatori seriali di stati facebook “acchiappa like”, voi avete comunque la stoffa di chi ha estro. Non parlerò del vostro post sessione esami, perché la vera domanda è : siete sicuri che il Dams non sia la vostra strada?

jLeone:  ogni anno, arrivati a questo periodo dell’anno, aspettate l’estate con la stessa dedizione con cui un gattino aspetta la scodella dei croccantini dal suo padroncino. Mi dispiace dovervi deludere, mancano ancora un centinaio di giorni. Quindi, forza, su, impostate la sveglia ad un orario che sia antecedente a quello in cui danno Beautiful su canale 5 e iniziate ad immergervi sul serio in questa Primavera.

vergineVergine: avete noia da vendere.  Il ciclico ritmo dei presagi astrali dice che  la vostra vita universitaria mostra la stessa dinamicità della routine di un impiegato statale in pensione la cui massima attività di brio è l’innaffiatura del giardino. Ecco, voi siete l’impiegato statale in pensione, il giardino è Piazza Verdi. Su, arricchite la vostra quotidianità con qualcosa di più articolato. Improvvisatevi venditori abusivi di birra oppure iniziate a frequentare lezioni di ingegneria chimica per ammazzare il tempo, però smuovetevi da questa cappa di staticità che vi gira intorno. Dalla giovinezza alla vecchiaia è un attimo.

bilanciaBilancia: il suono della sveglia non è la vostra musica preferita, avete ancora la playlist del telefono impostata sulla discografia di Pitbull che vi sparate in cuffia. Adesso, però, è ora di riaprirsi la possibilità di alcuni spazi di serietà. Vi consiglio lunghe passeggiate nei pressi dell’Archiginassio , la frequentazione di luoghi dediti allo studio e alla riflessione vi aiuterà a rituffarvi con meno trauma nel tunnel della vita ordinaria da studente.

scorpScorpione: ne sapete sempre una più del diavolo. Scommetto che alcuni vostri amici la mattina si svegliano e vorrebbero essere voi.   Non è che studiate molto, è che siete semplicemente meno stupidi degli altri. Che poi, non è sempre mica un vantaggio. Per questo post sessione, vi consiglio di acuire al massimo questa vostra capacità di prendere in giro i vostri simili con frasi del tipo “Ma ancora a studiare stai? Cavolo, quel manuale da 680 pagine che hai nelle mani io l’ho fatto in due giorni”. Ovviamente non sarà vero, voi dovrete ancora acquistare il volume, ma i vostri amici saranno colti da un senso di umiliazione grande e questo indubbiamente vi regalerà delle gratificazioni per dei giorni.

saggiSagittario: uffa, ma la smettete? Siete sempre troppo buoni.  Qualsiasi sia la proposta che gli altri hanno da farvi, voi direte sempre sì. Che si tratti di una festa da sballo al Cassero piuttosto che l’assistenza da fare ad un gruppo di alcolisti di studenti fuorisede, voi avete questa mania di fare compagnia ai vostri amici in qualsiasi situazione. Basta, smollatevi. In questo post sessione, vi consiglio una bella boccata di solitudine per capire cosa volete fare davvero voi e non la vostra sfigata combriccola.

capricornoCapricorno: vantarvi della vostra imperturbabilità e fortezza è una vostra caratteristica. Indipendentemente dallo stato in cui siete ridotti. Ecco, vi consiglierei un maggiore grado di onestà con gli altri, ma soprattutto con voi stessi. Tipo: se vi siete ritirati all’alba dopo aver percorso per 5 volte tutti i viali di Bologna cantando le canzoni di Albano e Romina in uno stato di ubriachezza palese, noi insistete la mattina dopo per autoconvincervi che siete freschi e lucidi per assistere alla lezione di meccanica. Perché no, non è così.

acquarioAcquario: avete un quid pluris difficile da non notare. E addosso portate sempre questa mania di dover gestire le situazioni, di dover controllare tutte le cose che vi circondano. Vi consiglio una bella gara di rutti in via Petroni. Insomma, prendersi poco sul serio è la prima regola alla base del prendersi sul serio. E dopo questa gara di rutti sentirete dentro un inevitabile senso di libertà pronto a pervadervi.

pesciPesci: di vostro siete un po’ timidi. Cioè dopo la prima birretta o la prima conversazione seria sul conflitto in medio oriente, acquistate una certa sicurezza con il vostro interlocutore.  Però vi voglio più spavaldi. Non ci sarà sempre qualcuno disposto a farci la prima domanda. E questa primavera ha luoghi, momenti, cazzate troppo belle per aspettare che qualcun altro ci porti dentro di loro.  Quindi, regola numero 1 del vostro manuale  contro la timidezza: cercate situazioni imbarazzanti di vostra volontà, senza attendere che qualcun altro ve le proponga per primo.

Mattarella, il Messia?

C’è chi ha detto di  aver visto  passeggiare nel cielo di Piazza Quirinale un numero di colombe superiore al normale il giorno dell’elezione,  c’è chi ha raccontato tutto con un bagaglio di particolari meno minuzioso, più scarso, ma in entrambe le chiavi di lettura, la faccia del racconto della nomina di Mattarella, a presidente della Repubblica, ha assunto i toni di un episodio tra il mitico e il salvifico.

images.jpg

  La cosa curiosa infatti, forse tipica del nostro essere italiani e del nostro dover autorappresentarci le tutte le faccende che qui si consumano, è proprio questa rincorsa al senso, al perché escatologico di ogni avvenimento. Una rincorsa al senso, dicevo, che si attesa anzitutto nelle somiglianze, nei paragoni:

Sergio Mattarella ha da appena un mese dato inizio al suo mandato, ed è già il nuovo Papa Francesco. Ed è già l’uomo da cui ci si aspetta una sobrietà incorruttibile, un’ evangelico messaggio parzialmente laicizzato di speranza.  (altro…)

1 2 3

L'UNIversiTA' è la rivista di Sinistra Universitaria. Sei interessato a scrivere? Contatta [email protected]