L'UNIversiTÀ

Visioni Italiane – Concorso nazionale per corto e mediometraggi

VISIONI ITALIANE ALLA CINETECA DI BOLOGNA

Schermata 2016-02-25 alle 14.11.23Potremmo iniziare con: “Ciak, azione!” ma sarebbe troppo banale. Allora partiamo così: “No, non scomodatevi, restate sulla sedia. Piacere mi presento, sono la commedia.”

Era il 1994, l’Italia stava per scoprire la figura di Silvio Berlusconi, Tom Hanks vinceva l’oscar per l’interpretazione in Philadelphia e in tutte le radio passava una certa The Rhythm of the Night di Corona.

Intanto in una Bologna anni ’90,  mai mainstream e sempre all’avanguardia nel campo delle arti, nasce l’idea di dare maggiore visibilità ai lavori dei giovani autori italiani che rimangono quasi invisibili al grande pubblico; opere come cortometraggi, documentari e film sperimentali.

A gettare il cuore oltre l’ostacolo, per dare spazio a queste produzioni, ci pensa la Cineteca di Bologna con il progetto Visioni Italiane. Lo fa in un periodo in cui in Italia ci sono diversi eventi di ambito cinematografico, quasi tutti però si interrompono dopo poche edizioni non riuscendo a dare quella continuità fondamentale agli autori.

Dal 1994 Visioni Italiane si staglia come un faro sulla costa, illuminando la via in mezzo ad un mare di produzioni cinematografiche, con la sola differenza che nel mare la cosa importante è stare a galla, nel cinema invece è emergere.

Ed è proprio da questo festival, che quest’anno si terrà dal 24 al 28 Febbraio al Cinema Lumiere, che sono partiti molti registi italiani. Personalità che negli ultimi anni si sono imposte con film di rilievo come Paolo Genovese con Immaturi, Matteo Garrone con Gomorra e Salvatore Mereu con Bellas Mariposas, solo per citarne alcuni.

Il festival è strutturato in varie sezioni: dai documentari ai temi legati all’ambiente, dai corto e mediometraggi italiani a quelli realizzati da giovani autori sardi, passando per le visioni urbane che trattano delle città contemporanee. Quest’anno avrà inoltre come ospite d’onore Matteo Garrone che sarà possibile incontrare venerdì 26 alle 17.

Se il festival ha acquisito così tanta rilevanza ed è riuscito a dare slancio a tanti registi lo si deve sicuramente alla direttrice Anna Di Martino che ha sempre creduto nel progetto dando grande importanza a lavori di nicchia come i cortometraggi. Noi l’abbiamo incontrata e le abbiamo fatto alcune domande:

Anna, come è cambiato il festival dal 1994 ad oggi?

Più che il festival si può dire che è cambiata l’informazione ed il modo di farla. Basti pensare che quando siamo partiti 22 anni fa non c’erano praticamente cellulari e neanche internet. Tutto si basava sui VHS e ovviamente anche la qualità delle immagini era diversa. La cosa che è sempre (altro…)

Donne in lotta

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Due donne, apparentemente diverse, ma più simili di quanto possiamo immaginare: due donne in preda a forti passioni contrastanti, alla continua lotta tra ragione e passione, tra forza e debolezza, tra reazione e sottomissione. Questo è senza dubbio il tema centrale della sezione Visioni Doc, composta da “La mia casa e miei coinquilini” (Italia/2015), dedicato a Joyce Lussu, poetessa, traduttrice, partigiana e “Elisabetta“(Italia-Svizzera/2015), ispirato a Elisabetta Ballarin, all’epoca dei fatti compagna di Andrea Volpe, pluriomicida riconducibile alla setta delle “Bestie di Satana”. Elisabetta, allora diciottenne, vive una vita complicata: é tossicodipendente, è morbosamente legata al suo fidanzato e assiste all’omicidio di Mariangela Pezzotta, ex fidanzata del Volpe, perciò viene accusata di concorso in omicidio e rapina, commessa il giorno prima, ai danni di uno spacciatore di eroina.
Le due opere mettono in risalto due facce della stessa medaglia: la prima di Marcella Piccinini evidenzia la figura di Joyce Lussu, donna colta, attiva e intraprendente, fervente rivoluzionaria antifascista e costantemente in lotta contro una visione della donna subordinata alla figura maschile. Joyce stringe una forte amicizia con Nazim Hikmet, poeta e prigioniero politico, il quale anche dal carcere trova il modo di far trapelare le sue poesie dirette al mondo e ai singoli facendole a volte imparare a memoria a sua madre, durante le visite. Infatti, il carcere può certamente limitare la tua libertà personale, ma non potrà mai imprigionare il pensiero. La seconda opera é di Anna Bernasconi che racconta di Elisabetta Ballarin, giovane donna, vittima di un amore e dei soprusi ad esso connessi si ritrova a soli 15 anni ad affrontare una forte tossicodipendenza condivisa con il Volpe. Poi il buio: l’omicidio di Mariangela, al quale lei assiste e a seguito del quale sta tutt’ora scontando una pena carceraria in regime di semilibertà. Elisabetta è l’emblema del riscatto, non voleva che accadesse tutto questo, non sapeva che il suo fidanzato fosse un pluriomicida e non sapeva dell’esistenza della setta, almeno a suo dire, ma riesce a rendere questa tragedia, di cui è protagonista, una vittoria: laureata e specializzata in carcere con il massimo dei voti, adesso Elisabetta è una ragazza in gamba e di successo, una ragazza che ha voluto dare un senso alla propria vita, impegnandosi per gli altri e ponendosi degli obiettivi, in memoria di chi una vita non ce l’ha più.
Due donne, epoche, vite e obiettivi diversi, ma che hanno in comune la voglia di essere padrone della propria vita, di prodigarsi per gli altri e soprattutto di lottare contro i pregiudizi, i soprusi e le ingiustizie, nonostante tutto.

Il racconto di un cinema breve

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Libertà vuol dire mettersi alla prova” – così Goffredo Fofi inaugura la cerimonia di apertura della 22ª edizione del concorso nazionale per corto e mediometraggi “Visioni Italiane” presso la Cineteca di Bologna. Mettersi alla prova, esattamente come hanno fatto i migliori registi che dal nulla hanno saputo inventare, creare, innovare, come dice Fofi “in una casa con quattro amici e avanzi di pellicola“. Il dialogo fra il Fofi e l’Arecco nella sua spontaneità e informalitá ha saputo cogliere un aspetto interessante del cinema di oggi non più espressione, in alcuni casi, dell’ispirazione geniale, ma prodotto di majors asservite al commercio. Il corto, pertanto, realizzabile con poche risorse economiche, lascia ampio spazio alla follia creativa dell’artista nella sua essenza più pura e libera a differenza di prodotti che, per quanto ben fatti, continuano a rappresentare l’espressione di una realtà commerciale. La presentazione “Il cinema breve. Dizionario storico del cortometraggio 1928-2015” a cura di Sergio Arecco e Paola Cristalli è stata l’occasione per un elogio del corto come forma primaria e pura di rappresentazione cinematografica. A riprova di ciò la proiezione di “Silhouette“, primo episodio di Terra di mezzo di Matteo Garrone vincitore del Premio Sacher nel 1996: é un corto dal crudo realismo che, a tratti ironico, descrive la tipica giornata di alcune prostitute nigeriane, una giornata vista non semplicemente dall’esterno come mera documentazione, ma dall’interno. Silhouette, un corto trasgressivo, così trasgressivo da aderire alla realtà e comunicarla perfettamente al pubblico con un misto di sorriso e amarezza.

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