“Bisognerebbe abolire alcune lauree inutili come quella in scienze della comunicazione”: sono queste le parole di Maria Stella Gelmini, ex ministro dell’Istruzione nel corso di una puntata di Ballarò del 2011. Da allora non è cambiato molto e mentre si naviga su internet si leggono ancora lodevoli definizioni come scienze delle merendine o delle tubature, laurea facile e chi più ne ha più ne metta.

Io so perché so di non sapere” così diceva Socrate in suo celebre discorso. Una nozione che in molti non hanno ancora appreso, decantando verità assolute per celare una manifesta ignoranza, poiché chi da un giudizio negativo su scienze della comunicazione è proprio chi non ha alcuna idea di cosa si studi. Ed è proprio da qui che vogliamo partire svelando chi siano veramente questi mendicanti dell’arte del comunicare.

Dinamici, creativi, flessibili, autonomi, duttili, capaci di adattarsi a più mestieri e ancora esperti della parola, orale e scritta, futuri imprenditori manageriali, e possibili scrittori e giornalisti e persino editori: ecco i termini appropriati per parlare dei dottori e delle dottoresse in scienze della comunicazione, che possiamo far rientrare più semplicemente in tre campi principali: le relazioni pubbliche, la pubblicità e il giornalismo.

Per spiegare meglio da un punto di vista pratico, quindi, abbiamo deciso di dare la parola a chi ha intrapreso questo percorso culturale, nato all’incirca 10 anni fa, quando con l’avvento dei media, si è avvertita una forte necessità di esperti in comunicazione.

M. G. è una ragazza che ha deciso di iscriversi in scienze della comunicazione all’incirca 4 anni fa, con un’idea abbastanza vaga di quello che avrebbe voluto fare nella sua vita. La spingevano la voglia di mettersi alla prova e capire se quella fosse la direzione giusta per lei, come in una sorta di incontro con un buio profondo, che pian piano l’avrebbe illuminata.

“La formazione culturale consiste in una vera e propria palestra per la mente. Per allenarla e scoprire le proprie vocazioni e aspirazioni d’impiego, ma non solo. Avere uno spirito critico serve a sapersi districare al meglio nelle varie dinamiche sociali che ci si porranno dinanzi.” – afferma M.G, svelando uno dei capi saldi di chi intraprende un percorso universitario in comunicazione.

Parliamo della capacità di confrontarsi con problemi di tipo sociale, economico e politico che si manifestano nella vita di tutti i giorni e saper ragionare a fondo per trovare una soluzione, in due parole, il cosiddetto “problem solving”, che lei apprende giorno dopo giorno in comunicazione.

Ma andiamo oltre: accanto a lei, nella stessa aula, intenta a scrivere 300 caratteri al secondo sul pc, siede CP., che a differenza della sua amica ha un sogno che l’accompagna sin da quando era bambina.

              Giovane uomo

“Voglio fare la giornalista” – ci dice. La sua intraprendenza è davvero ammirevole. C.P. È determinata e prova a dar corpo alla sua passione, scrivendo su un giornale, in cui le nozioni apprese in aula le ritornano davvero utili. È lei stessa a confermare che una laurea in comunicazione può preparare ad “utilizzare il proprio bagaglio in più situazioni”, rendendola così multitasking, una qualità oggi molto richiesta nel mondo del lavoro.

E lei non è la sola ad avere un’aspirazione ben chiara nella mente: chi vuole fare comunicazione è tutt’altro che ignorante e privo di interesse, ma è ambizioso, intraprendente e sa quanto vale, come L.P. che vorrebbe lavorare nell’Unione Europea e perciò ha già studiato alla perfezione l’inglese e il francese e pensa di aggiungere al suo piano di studi un esame di tedesco.

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E così questo è solo un accenno della varietà di percorsi cui mancano ancora quelli fondamentali: l’aspirante pubblicitario e l’esperto di relazioni pubbliche.

Il primo sfrutta il corso di laurea in questione per porre le basi per creare slogan e campagne pubblicitarie, mestiere per il quale occorre davvero una spiccata dote interpretativa . Creare uno spot, infatti, non è per niente semplice: bisogna concretizzare un’idea in un’immagine o un video e in pochi secondi ammaliare chi la guarda.

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Dall’altra parte troviamo il responsabile di comunicazione, anello fondamentale tra amministrazioni, politici, organizzazioni sociali e non, e pubblico. Chi sceglie di lavorare nelle relazioni pubbliche è una figura esperta in grado di comprendere i bisogni di autorità e pubblico, di interagire in maniera empatica tra figure diverse e metterle a contatto, inoltre può lavorare in uffici stampa, come copywriter e perciò ha ottime conoscenze nel campo informatico e dei social media.

Ritornando al discorso iniziale, il concetto fondamentale dunque è che l’inutilità non sta nella scelta di un qualcosa, ma nell’avere davanti un mondo e non utilizzarlo, nel rimanere fermi in un punto di passività che non fa crescere la società. Siamo degli esseri umani e come tali compiamo degli errori, ma questi non stanno nella creazione di una laurea in comunicazione, piuttosto nell’eliminare tutto ciò che si intende come libertà di espressione, opinione e scelta, capi saldi di chi studia la comunicazione e non solo.

Così vogliamo concludere sostenendo che, come afferma C.S., “non vale tanto il titolo di laurea che hai scelto, quanto il valore che riesci a darle“. 

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Maria Grazia Sanna

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari in Sardegna, dopo alcune esperienze all'estero, prosegue gli studi in Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna. Qui si aggrappa al suo sogno di scrivere per un giornale e fare di una passione un mestiere, con la consapevolezza di avere ancora tanto da imparare.

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