In queste ore tutti noi simagetiamo cercando di spiegare l’irragionevole. Al di là del forte impatto emotivo che hanno generato gli attacchi terroristici a Parigi durante la notte dello scorso 13 Novembre, ci domandiamo come sia potuto accadere un tale disastro che ha colpito con violenza simboli della nostra cultura occidentale. Fino a che punto si può spingere ancora la nostra tolleranza? Come reagire alla rabbia che ha generato questa sofferenza? Si può chiedere all’orgoglio ferito di tacere per dar voce ad una difesa razionale? Questi come altri sono i quesiti che più di tutti stanno affollando le nostre menti. Ma nell’incertezza – o nell’impossibilità – di risposte universali, è doveroso fare appello ai nostri punti di forza, all’unità nazionale che oggi non ha più solo i confini di un Paese, ma di un intero continente, perché quei giovani francesi freddamente uccisi sono i nostri cugini, facendo parte della stessa famiglia che è l’Unione Europea. Possiamo reagire potenziando le nostre caratteristiche vincenti che certo non coincidono con la strategia bellica, ma con la forza della democrazia. Le nostre Nazioni hanno già vissuto l’esperienza delle guerre lancinanti da cui sono rinate e in conseguenza delle quali sono state scritte le pagine più belle e durature della nostra storia. Fogli colmi di valori che trasudano vita dopo la morte, speranza dopo l’orrore. Una guerra contemporanea non avrebbe confini terreni, ma probabilmente si combatterebbe fra i cieli, sulle nostre teste, sopra le quali prima o poi piomberebbero le tragiche conseguenze. In momenti nevralgici come questi ciascuno deve essere disposto ad un’ingerenza nel proprio foro interiore, perché sia garantita una maggiore sicurezza comune.
Desideriamo vivere vite diverse perché il nostro passato e i nostri principi fondanti evidentemente non coincidono, ma forse noi occidentali abbiamo peccato di tracotanza nel voler esportare la nostra cultura democratica in luoghi ancora acerbi, che puntualmente insorgono con mezzi sbagliati proprio perché non sanno comunicare altrimenti, a riprova che quanto da noi proposto non è da loro digerito.768b3eb59ec92c43468795b6b9f6f930 Ma al contempo sarebbe incoerente un nostro atteggiamento inerte e contrario, come dimostrano le continue carovane di profughi che chiedono asilo all’Europa. I più deboli e indifesi guardano alla nostra terra con l’aspirazione che sia sede di speranza, teatro di una vita nuova. Forse la ragione continua ad essere dalla parte della nostra civiltà, perché è l’esito di processi storici che ci hanno insegnato ad essere quelli che siamo. Se a questo si aggiunge l’abissale differenza in ambito di fede ogni dialogo si arresta, perché dinnanzi al fanatismo religioso non ci sono orecchie più sorde di chi, in base a qualunque credo, professa l’assurdo e pratica la violenza. Non spetta a noi comuni cittadini dettare l’agenda della risposta ad una palese minaccia, ma lo sconcerto è tale da non lasciare nessuno indifferente. Tutto quello che è accaduto ci riguarda, perché siamo anche noi destinatari di questo pacco pronto ad esplodere. Cerchiamo di comprendere davvero prima di giudicare e tentiamo di non essere sedotti dalle facili propagande. L’equilibrio è talmente delicato da togliere il sonno, ma non dobbiamo permettere al seppur umano sentimento della paura di condizionare il nostro modo di vivere. Non si può cedere né agli attacchi concreti né alle minacce ipotetiche e infatti annullare il prossimo Giubileo, come hanno proposto alcuni ritenendolo un facile bersaglio, sarebbe rinunciare ad essere noi stessi e tradire la nostra cultura. Il dramma più assillante è cercare di definire questo pluralismo contingente, selezionarlo, poiché al suo interno si insinua del marcio da debellare, se il suo fine è sopprimere ad ogni costo il diverso. Non dobbiamo avere paura di ammettere che anche le nostre più radicate certezze possano vacillare e mutare, così come si susseguono le stagioni, ma un conto è il fisiologico scorrere del tempo, un altro é assistere ad uno spettacolo che non vogliamo vedere, perché tenta di capovolgere i nostri costumi.  Non possiamo boicottare il cambiamento, ma è nostro dovere riaffermare la nostra splendida libertà di vivere all’occidentale, riaccendendo sia le nostre luci interiori sia quelle della Tour Eiffel, perché il buio è sinonimo di lutto e la morte è l’antitesi della vita che, in tutte le sue espressioni, resta il sommo bene da difendere.

Bologna, 16 Novembre 2015

Anna Rita Francesca Maìno

 

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Anna Rita Francesca Maino

Anna Rita Francesca Maino

Sono nata a Matera e attualmente vivo a Bologna, dove studio Giurisprudenza. Non amo descrivermi, ma descrivere, anche perché leggermi significa un po' conoscermi. Scrivo per passione e credo che carta e penna facciano miracoli: "curano i dolori, consolidano i sogni, restituiscono la speranza".
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