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Se si parlasse di lei solo per i suoi risultati sportivi, non ci sarebbe nulla di cui stupirsi. Esplosa nel circuito internazionale nel 2005, a soli 19 anni, con la vittoria del torneo WTA di Bangalore, Sania Mirza è la tennista indiana più forte di tutti i tempi. Negli ultimi due anni ha praticamente dominato, in coppia con la leggenda svizzera Martina Hingis, il doppio femminile con ben 14 titoli WTA (tra cui Wimbledon, US Open e Australian Open), a cui si sommano i 3 titoli slam vinti in doppio misto. Insomma, un palmares di tutto rispetto.
Eppure la sua fama, soprattutto in India, ha soprattutto a che vedere con la sua vita extra-tennistica. Per una ragazza indiana di fede musulmana esistono, infatti, barriere e ostacoli che richiedono una tenacia ancor più grande di quella mostrata ogni giorno sui campi da tennis.
Il 2005, anno dell’exploit sportivo, rappresenta per Sania l’inizio di un lungo calvario: a causa del suo abbigliamento in campo, ritenuto eccessivo e non rispondente ai canoni della Sharia, viene emessa contro di lei la prima fatwa, un parere di un esperto di legge coranica sull’orientamento della Sharia riguardo a un dato comportamento. Sebbene privo di esecutività diretta, questo provvedimento scatena contro di lei una feroce persecuzione da parte degli integralisti islamici dell’Andhra Pradesh, suo Stato di origine.
Ma il carattere di una ragazza come Sania non si piega a queste minacce: qualche anno dopo si esprime pubblicamente in favore del sesso prima del matrimonio, prestando il fianco ad una seconda fatwa. La paura stavolta si fa sentire eccome: per giocare il torneo di Calcutta le viene assegnata una scorta a causa del rischio di attentato a cui si trova esposta.
Allora anche in una guerriera come lei si fa strada il pensiero di arrendersi, fino a dichiarare in conferenza stampa: “Talvolta penso che farei meglio a mollare tutto”; per fortuna il coraggio non l’abbandona e la sua vita, tennistica e non, continua spedita.
Nel 2010, con un’inaspettata mossa, decide di infrangere uno dei pilastri della sua cultura: rompe il fidanzamento “negoziato” dai genitori e scappa con Shoaib Malik, capitano della nazionale pakistana di cricket.
Anche alla luce dei difficili rapporti diplomatici tra i due paesi, Sania dimostra ancora una volta di non farsi dettar legge da nessuno. Rojit Brijnath, giornalista sportivo indiano l’ha definita “la ragazza che sta rompendo tutte le barriere sociali e culturali possibili”.
Nonostante tutto e tutti, Sania nel 2013 apre, nella sua città natale di Hyderabad (India centrale), un’accademia tennistica per ragazzi e ragazze meno abbienti: lei sa quanto lo sport possa essere uno strumento di emancipazione e di rivoluzione culturale e politica. Grazie ad esso è infatti divenuta un personaggio politico e sociale con grande seguito in India, spesso avvicinata anche ad una candidatura politica di livello nazionale.
A sintetizzare la sua storia, il suo coraggio e la sfida che ha lanciato alla cultura del suo paese è la frase che le ha provocato tantissimi guai in tempi recenti: “Guardate i miei colpi, non il mio corpo”. Quei colpi che non sono solo volée e rovesci, ma che sono colpi assestati ad una cultura fatta ancora di pregiudizio e di sottomissione della donna.

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Andrea Giua

Andrea Giua

Iscritto al terzo anno in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali, faccio parte di S.U. dal marzo 2016. Sono appassionato di politica e sport (di qualsiasi genere e livello) e, soprattutto, sono sardo!

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