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Copenhagen, 1926. Einar (Eddie Redmayne) e Gerda (Alicia Vikander) sono una giovane coppia di pittori che si guadagna da vivere esponendo i propri dipinti nelle vicinanze. Un giorno Gerda, in assenza della sua modella prediletta, chiede al marito di indossare abiti femminili per portare a termine un quadro iniziato tempo prima. Il dipinto ha tanto successo da convincere la stessa Gerda a realizzarne altri aventi come soggetto il marito vestito da donna.
Einar capirà di trovarsi più a suo agio in quelle vesti che non nei panni dell’uomo nella vita di tutti i giorni. Sostenuto e aiutato dalla moglie, si sottoporrà a dei rischiosissimi interventi chirurgici di riassegnazione sessuale per diventare definitivamente una donna, Lili.
Le mie basse aspettative circa l’operato di Tom Hooper sono state piacevolmente smentite, The Danish Girl stupisce.
Reduce in questi giorni dalla visioni di recenti biopic realizzati con lo stampino, mi sono trovato in quest’occasione di fronte ad un’opera matura e profonda che traspare di amara bellezza. Il viaggio interiore di Einar alla ricerca di Lili viene delineato impeccabilmente sia dalla bravura del regista che da quella di Eddie Redmayne, calato in un ruolo forse ancor più complicato del precedente ne La Teoria Del Tutto. Invece, si tratta di un film che rende giustizia a uno degli aspetti più delicati e personali della vita umana, il cambio di sesso. A brillare non è tanto Redmayne quanto la straordinaria Alicia Vikander. Gerda è una donna risoluta ed estremamente paziente, “asseconda” il marito nelle sue scelte, rincorrendo, forse, all’ultima speranza di poterlo riavere con sé. È lei il motore, la vera “eroina” del film che permette a Einar di attraversa il suo tumultuoso cammino. Un film al femminile, forse senza volerlo. Non parla di donne ma del sentirsi donna.
Einar e Gerda sono al centro della storia, quello che si svolge al di fuori del guscio familiare è irrilevante. Per il primo è il conflitto interiore, la ricerca del suo vero Io, per la seconda è la brutale sofferenza di trovarsi di fronte a una triste realtà. Gerda è ancora innamorata di Einar, nemmeno nel corpo di una donna vorrebbe rinunciare a lui. È toccante.
Lo scetticismo non sempre rispecchia la realtà dei fatti. Sono sincero, in questo caso non me l’aspettavo. Bastava poco per sfamarsi della solita retorica dell’uomo malato e problematico che ottiene un riscatto per le ingiurie subite. Tom Hooper è un abile giostraio, pone l’accento sul trauma della coppia senza soffermarsi troppo su eventuali moralismi riguardanti la personalità di Einar/Lili. La narrazione segue gradualmente il percorso dell’uomo definendo nel dettaglio le tappe del suo cambiamento fino alla morte prematura avvenuta a causa di complicazioni fisiche.
Un’opera ben fatta che oltre a raccontare una tenera storia d’amore vuole essere la testimonianza di come moltissime persone abbiano sempre sofferto la non-appartenenza ad un corpo e ad una mente che non fosse la loro. Temi delicati trattati decorosamente in un film lineare ed emozionante. L’interpretazione di Alicia Vikander fa il resto, l’Oscar subito. Molto bello.

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Alberto Nisi

Alberto Nisi

Bergamasco di nascita ma non di tradizioni, troppo incline al cambiamento e alla curiosità per le cose nuove. Studio lingue e ho scelto Bologna per il suo enorme potenziale, il suo fascino e le sue possibilità. Sono un assiduo lettore ma vivo per la musica e per il cinema, che sono le mie vere “malattie”. Sogno di scrivere, di suonare in pubblico o di entrare nell'entourage di un film, ma c'è ancora molta strada da fare.
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