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Signore e signori, Matteo Garrone!
Inizia così l’incontro con il regista romano intervistato da un incalzante Gian Luca Farinelli.
“I negativi dei film di Matteo li teniamo a fianco a quelli di Fellini e Chaplin” scherza il direttore della Cineteca di Bologna, Matteo ride nell’ascoltarlo e inizia a raccontare.
Il percorso per diventare un cineasta passa prima per il tennis e poi per la pittura accompagnato in questo lungo viaggio dal noto direttore della fotografia e compagno della madre, Marco Onorato.
Garrone spiega che Marco ha curato la fotografia di tutti i suoi film e soprattutto si è assunto la grande responsabilità di fargli capire che la sua carriera non fosse il tennis e che non avrebbe mai sfondato in quel campo: “l’ho capito a malincuore” ammette Garrone.
“Il primo libro che ho letto? A 19 anni e mio padre , critico teatrale e appassionato di lettura, era disperato. Quando un giorno tornai a casa con un libro di Bevilacqua per lui fu il colpo di grazia”, scherza Matteo.
Quel libro comunque non l’ha mai letto e il primo è diventato una biografia di Che Guevara.
Dopo aver mollato il tennis racconta di aver iniziato a cimentarsi nella pittura ed è proprio così che è nata l’idea per il suo primo film: “Cercando dei paesaggi da dipingere ho visto una parte della periferia di Roma piena di prostitute dai colori sgargianti e dei loro clienti. Quelle immagini mi sono rimaste impresse, allora ci ho provato, pensando che in fondo non costasse nulla”.
Così a 26 anni dirige il suo primo film, “Silhouette” (1996), che racconta la giornata di alcune prostitute nigeriane nella periferia romana. Ad accompagnarlo sul set ci sono solamente Marco Onorato e il fonico: “Credo che non dimenticherò mai la faccia del casellante quando mi vide con le tre attrici travestiste da prostitute” dice ridendo. Questa prima opera la finanzia con i soldi guadagnati dal suo precedente lavoro in un locale romano da lui gestito.
Spiega come nella vita abbia corso molti rischi, specialmente in “Estate romana” (2000) in cui per fare il co-produttore ha dovuto ipotecare la sua casa, ma poi si è aggiudicato il premio qualità: “mi diedero 300 milioni di lire, mica male insomma!” – conclude sorridente.

Nel suo ultimo film “Il racconto dei racconti” (2015) ha avuto un difficile rapporto con gli effetti speciali, spiegando che non era abituato ad usarli con così tanta frequenza e che la presenza di tutto quel verde sul set – per creare gli effetti speciali si usano dei teli verdi, ndr – è stata veramente complicata.
Matteo rivela, inoltre, un rapporto molto complicato con Peter Suschitzky, direttore della fotografia che, tra gli altri, ha curato la fotografia di “Star Wars – L’impero colpisce ancora“.
Garrone racconta molti scontri sul set con Suschitzky perché Peter preferiva la camera fissa mentre lui seguire sempre l’attore.

Su questo aspetto riesco a fargli una domanda:
“Matteo, durante le riprese di “Vittime di guerra” due giovanissimi Sean Penn e Michael J. Fox si scontrarono molto sul set per via delle diverse personalità. Alla fine delle riprese, però, Michael J. Fox lasciò un biglietto dentro il camerino di Sean Penn con scritto: ‘lavorare con te non è stato un piacere, ma sicuramente è stato un onore‘. Anche lei e Peter alla fine avete fatto pace? ”
Matteo Garrone: “Si sì, c’è stata una grande rappacificazione! Sul set gli scontri erano dovuti alla grande passione che entrambi mettevamo nel nostro lavoro, ma alla fine siamo riusciti a venirci in contro”. Sorride.

L’incontro si chiude con una domanda di Farinelli: “Se ti dovessi chiedere qual è il tuo regista preferito?”
Garrone non ci pensa neanche per un secondo: “Paul Thomas Anderson.”

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Paolo Piredda

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Inutile dirvi che fin da piccolo sognavo di fare il giornalista. Volevo fare il calciatore, il pompiere oppure l'operatore ecologico che sta appeso dietro il camion della spazzatura. Sono un po' permaloso, sono un sognatore e soprattutto sono incredibilmente meteoropatico, forse perchè il giorno in cui sono nato pioveva a dirotto. "Ricorro con una certa frequenza alle citazioni perchè ho una buona memoria e perchè ho bisogno di appoggi: c'è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me" Enzo Biagi
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